Partiamo dalla constatazione che in tempo di coronavirus il lavoro culturale ha necessità, come se non più degli altri settori, di aiuto, sussidi, coperture finanziarie. Anche perché negli ultimi due mesi di emergenza sanitaria si è accentuata la dimensione della condivisione, dell’accessibilità, della prestazione gratuita. E tuttavia si deve inevitabilmente ragionare sul fatto che è necessario retribuire il lavoro culturale, anche perché è molto alto in Slovenia il numero dei liberi artisti, garantire risorse e sussidi alle numerose organizzazioni, enti e associazioni del settore. Senza considerare che in futuro, anche la Slovenia come molti altri Paesi europei, sarà più povera sul fronte della distribuzione culturale. Bisogna quindi correre ai ripari, pensare ai nuovi scenari a cui il mondo di internet e coronavirus ci pongono. I rappresentanti del mondo culturale hanno posto in evidenza nei giorni scorsi come il nuovo, terzo pacchetto anti-coronavirus, approvato dal governo abbia lasciato a bocca asciutta il settore cultura, nonostante sia uno dei più colpiti dagli effetti dell’epidemia. Le strutture culturali, teatri, gallerie, musei, sono state tra le prime a chiudere e sono le ultime a riaprire. La crisi economica che farà seguito all’emergenza penalizzerà ulteriormente la cultura, anche perché le priorità delle economie domestiche saranno di altro tipo. Tra quanti hanno segnalato al problema con maggiore veemenza segnaliamo l’associazione Asociacija del Centro Metelkova di Lubiana, che invita il governo ad intervenire con misure adeguate nella difesa del settore, mediante aiuti a fondo perduto, sovvenzionamenti, distribuzione di voucher culturali e altre forme di incentivazione della fruizione e della creatività culturale. Tali misure vanno approvate in favore dei singoli autori e distributori culturali come pure delle organizzazioni che operano in questo settore.
Miro Dellore