Candida auris, è questo il nome del nuovo fungo difficile da controllare in ambito sanitario e che può causare infezioni invasive con un'alta mortalità, tra il 30 ed il 40%. L'allarme lo lancia l'ECDC, il Centro europeo per il controllo delle malattie, che parla di "motivi di preoccupazione" in un rapporto presentato lo scorso 23 aprile. L'agente patogeno, rilevano gli esperti dell'ECDC, può sopravvivere per settimane e richiede disinfettanti speciali, poiché alcuni dei più utilizzati negli ospedali non sono efficaci. Per questo il fungo è stato descritto come "difficile da controllare".
Dal Giappone alla Gran Bretagna
Il primo caso identificato di infezione da Candida auris si è verificato in Giappone nel 2009 e da allora si è diffuso in tutto il mondo, generando un allarme sanitario globale con focolai in Corea del Sud, India, Kenya e Kuwait, così come in Colombia, Venezuela e Stati Uniti. Negli Usa al 30 marzo, erano stati confermati 257 casi e 30 venivano indicati come probabili.
In Europa il fungo è arrivato passando per il Regno Unito, o almeno qui è stato individuato per la prima volta nel 2013 per poi causare grandi epidemie, a partire dal 2016. Stessa sorte per la Spagna, il Paese con il più alto numero di casi, ben 388. Nel biennio 2016-2017 sono stati segnalati in Europa 593 casi di infezione, contro i 27 dei tre anni precedenti. Per ora il fungo è stato individuato oltre che in Spagna e Regno Unito, anche in Germania, 7 casi, in Francia, con 2, e in Belgio e Norvegia con un solo caso.
Difficile da rilevare in laboratorio
Oltre alla sua resistenza a vari antifungali, la Candida auris presenta anche il problema che è difficile da identificare con gli abituali metodi di laboratorio. La diagnosi precoce del fungo è necessaria per prevenire nuovi casi ed epidemie, ma la sua identificazione richiede una metodologia specializzata, poiché i metodi di identificazione tradizionali possono portare a un'identificazione errata.
Secondo il capo del dipartimento di Malattie Infettive Associate alla Resistenza Antimicrobiana dell'ECDC, la mancanza di capacità di analisi e rilevamento da parte dei laboratorio di alcuni paesi dell'Ue "può portare alla comparsa di nuovi focolai". Per questo dall'ECDC insistono sulla "necessità di sensibilizzare le strutture sanitarie europee affinché adattino i loro test di laboratorio e attuino più efficaci misure di controllo il prima possibile".
Inoltre, proprio il fatto che il fungo non può essere identificato con le tecniche comunemente disponibili fa sì che la "prevalenza reale di infezioni causate da Candida auris può essere sottostimata".
Colpa dei termometri?
In un altro studio recente, i cui risultati sono stati illustrati la scorsa settimana durante il Congresso Europeo di Microbiologia Clinica e Malattie Infettive che si è svolto a Madrid, i ricercatori hanno concluso che i focolai possono essere collegati all'uso di termometri.
La pista è partita dal più grande focolaio registrato fino ad oggi, quello dell'unità di terapia intensiva dell'Ospedale universitario di Oxford, dove sono stati contati fino a 66 casi. Il team medico responsabile di questo studio ha osservato che i termometri comuni che vengono utilizzati per misurare la temperatura, per intenderci quelli messi sotto l'ascella dei pazienti, erano stati utilizzati su 57 persone ricoverate in terapia intensiva prima di essere diagnosticate con Candida auris. Gli esperti hanno identificato l'uso di questo materiale come un forte fattore di rischio, dopo aver scartato tutti gli altri.
"Ciò rafforza - concludono i responsabili della ricerca - la necessità di indagare attentamente l'ambiente e, in particolare, l'attrezzatura multiuso per i pazienti".
Come agisce il fungo
La Candida auris può causare infezioni invasive in pazienti immunodepressi o ospedalizzati in unità di terapia intensiva con un rischio più elevato registrato per i neonati prematuri e gli anziani malati. Quando il fungo infetta il sangue, che è noto come fungemia, il tasso di mortalità è compreso tra il 30 e il 40% anche per i pazienti che ricevono un trattamento antifungino. Secondo le informazioni fornite dall'ECDC, il fungo è associato alla resistenza al fluconazol, un comune farmaco antimicotico, mentre sono stati identificati ceppi resistenti a più farmaci.
Alberto d'Argenzio
Articolo realizzato nell'ambito del progetto Europa.Today e con il finanziamento del Parlamento Ue