Washington accusa il fondatore di WikiLeaks di spionaggio e di avere diffuso, nel 2010, oltre 700.000 documenti riservati sulle attività militari e diplomatiche americane, soprattutto per quanto riguarda Iraq e Afghanistan. Assange rischia quindi fino a 175 anni di carcere.
Inizialmente la giustizia britannica si era pronunciata in suo favore impedendone l'estradizione, circa un anno fa, infatti, un giudice si era opposto alla consegna del giornalista australiano alle autorità americane, argomentando la propria decisione parlando di "rischio di suicidio". Lo scorso dicembre però, gli Stati Uniti avevano fornito ai giudici britannici "rassicurazioni" a riguardo ed erano quindi riusciti a ribaltare la situazione.
I legali di Assange avevano subito presentato istanza di ricorso, una possibilità che i giudici avrebbero dovuto concedere e per la quale si sono anche espressi a favore. In caso contrario, la richiesta di estradizione del giornalista negli Usa sarebbe stata inoltrata.
I giudici, spiegando la loro decisione, hanno comunque affermato di non riconoscere ad Assange il diritto di ricorrere in appello alla Corte Suprema, ciononostante il giornalista può continuare la sua battaglia legale. È la Corte Suprema che dovrà decidere se prendere o meno in considerazione il suo caso. Nel frattempo, viene comunque fermata ogni richiesta di estradizione dalla Gran Bretagna.
E. P.