Per la prima volta dal 2003, Serbia e Montenegro non possono più essere considerate democrazie in senso pieno, ma "regimi ibridi", segnati da potere autoritario e riforme incomplete. Queste le conclusioni del rapporto annuale di Freedom House sull'Europa orientale, recentemente pubblicato, che conferma il preoccupante arretramento della democrazia nei Balcani occidentali.
Le critiche più dure del think-tank americano sono rivolte alla Serbia - governata ininterrottamente dal 2014 dal presidente Aleksandar Vučić e dal suo Partito progressista serbo. Secondo il rapporto, la maggioranza ha ristretto sempre di più lo spazio per l'opposizione - ridotta oggi ad un impotente boicottaggio delle istituzioni - e governa sempre più spesso attraverso procedure emergenziali, anche prima dello scoppio dell'emergenza coronavirus.
"Il Partito di Vučić abusa della sua maggioranza in parlamento, confondendo le attività del partito con quelle dello stato, facendo pressione sugli elettori e utilizzando misure sociali per comprare consenso", recita il rapporto. In Serbia situazione sempre più problematica anche per libertà di stampa e restrizione dello spazio di manovra per i governi locali.
Dure critiche anche nei confronti del Montenegro, dove il presidente Milo Đukanović e il suo Partito democratico dei socialisti dominano la scena politica addirittura dal lontano 1991. Qui ad essere sotto accusa è soprattutto il sistema giudiziario, segnato da scandali a ripetizione, sia tra i giudici che nelle procure, ma anche restrizioni alla libertà dei media e il perdurare nel paese di una corruzione endemica.
Francesco Martino