Nonostante i frenetici sforzi della diplomazia, la possibilità che la Russia – che continua ad ammassare truppe al confine – possa invadere l'Ucraina nelle prossime settimane, resta drammaticamente reale.
In un crescendo di tensione, i paesi dei Balcani, area in cui tradizionalmente si intrecciano interessi occidentali e russi, guardano con estrema attenzione allo svilupparsi degli eventi sul confine russo-ucraino.
Direttamente coinvolti sono i principali paesi Nato della regione, Romania e Bulgaria, che rappresentano il fianco sud-orientale dell'Alleanza atlantica sul mar Nero. La Romania, che ospita sul suo territorio 4mila militari Nato, ha espresso per voce del presidente Klaus Iohannis la disponibilità ad ospitare ulteriori truppe occidentali, ma anche la preoccupazione per possibili ondate di profughi.
La Bulgaria spinge invece per cercare fino in fondo una soluzione diplomatica alla crisi e, nelle parole del premier Kiril Petkov “a disinnescare le tensioni tra Nato e Russia”.
Kosovo e Macedonia del nord, hanno espresso forte sostegno all'Ucraina. Da Skopje, entrata nell'Alleanza atlantica nel 2020, l'atteggiamento aggressivo di Mosca è stato definito “una provocazione”. Più defilata la posizione di Bosnia Erzegovina e Montenegro, anch'esso parte dell'Alleanza atlantica, ma con forti legami storici con la Russia.
Anche la Serbia fino ad oggi non ha preso una posizione chiara. Candidata alla membership UE, Belgrado ha però sempre curato strette relazioni politiche e militari con Mosca, che supporta la Serbia nella sua disputa sul Kosovo. In caso di conflitto aperto, però, mantenere il tradizionale equilibrismo potrebbe rivelarsi insostenibile.
Francesco Martino