Ancora un sabato di proteste di piazza ieri a Belgrado e in altre città serbe, il terzo consecutivo contro lo sfruttamento selvaggio del territorio e per la protezione dell'ambiente.
Rispetto alle settimane precedenti, il numero dei manifestanti è stato più contenuto, probabilmente anche grazie alle concessioni fatte nei giorni scorsi dal governo, che ha fatto un passo indietro su due dei provvedimenti più contestati dagli ambientalisti.
Mercoledì l'esecutivo ha ritirato dal parlamento una proposta di legge sulle espropriazioni, criticata duramente per le possibili implicazioni sugli investimenti nel campo minerario, mentre venerdì ha approvato una nuova normativa sui referendum che tiene conto delle raccomandazioni emerse dalla società civile.
Per una parte del movimento ecologista i risultati ottenuti dalla protesta non sono però ancora abbastanza e l'obiettivo resta quello di fermare definitivamente la miniera di litio progettata dal gigante anglo-australiano Rio Tinto nella valle di Jadar, in Serbia occidentale.
"Non ci fermeremo finché la Rio Tinto non verrà messa alla porta e non verrà proibito lo sfruttamento del litio in Serbia", ha dichiarato Aleksandar Jovanović, uno dei leader del movimento Rivolta ecologista.
Ecco perché nuove manifestazioni hanno attraversato le strade di Niš, Subotica, Kragujevac, Užice, ma soprattutto della capitale Belgrado, dove l'autostrada che attraversa la città è stata bloccata per circa un'ora. A differenza delle settimane scorse questa volta la polizia non è intervenuta, e non si sono registrati incidenti.
Francesco Martino
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