L’eventualità di un No Deal spaventa la Scozia che chiede a Londra una proroga del periodo di transizione fino alla fine del 2022. In pratica nonostante la formale uscita della Gran Bretagna dall'Unione europea non è cambiato ancora niente. Fino alla fine dell'anno è in vigore il regime di transizione durante il quale anche per il Regno unito continua a valere la normativa europea e questo periodo può essere prorogato di un anno o due, ma bisogna stabilirlo entro giugno. La scorsa settimana i due negoziatori, Michel Barnier e David Frost, che erano stati entrambi infettati, ma che adesso stanno bene, hanno concordato tre cicli di videoconferenze di una settimana ciascuno, il secondo a partire dall'11 maggio e il terzo in giugno. Le posizioni delle due parti rimangono abbastanza divergenti, soprattutto per quel che riguarda il commercio, la pesca, la giustizia ecc. La Commissione europea sollecita anche il varo di un piano dettagliato per attuare gli accordi relativi al confine sull'isola irlandese, materia che viene discussa separatamente, in sede di comitato misto che si riunirà a giugno. Malgrado le pressioni sul governo britannico, tra le altre anche del Fondo monetario, affinché tenga conto delle nuove circostanze subentrate con la pandemia e non insista sulla conclusione del negoziato entro la fine di dicembre, il premier Boris Johnson che si sta riprendendo dal contagio rimane irremovibile. Nessun'altra proroga- dicono a Londra, anche se con Bruxelles non verrà trovato un accordo. E' una situazione che preoccupa molto la Scozia dove nel giugno di quattro anni fa il 62 per cento ha votato contro l'uscita dall'Unione europea. Il segretario del governo regionale Michael Russell ha chiesto a Downing Street di accettare altri due anni di transizione perché l'economia scozzese non potrebbe reggere il doppio colpo del Covid-19 e di una No Deal Brexit in meno di nove mesi.

Boris Mitar

Foto: Reuters
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