Tre anni e dieci mesi: tanto è durato l'assedio di Sarajevo durante la guerra in Bosnia Erzegovina. Un assedio cominciato trent'anni fa, il 5 aprile 1992, e che è ufficialmente finito soltanto nel febbraio del 1996.
Quel giorno, durante una marcia per fermare la guerra che stava divampando nel paese, furono uccise da cecchini serbi sul ponte di Vrbanja Suada Dilberović e Olga Sučić, che sarebbero diventate presto simbolo della tragedia bosniaca.
Alla fine, i morti in città sarebbero stati almeno 11mila, tra cui più di mille bambini, mentre il numero di feriti alla fine delle ostilità ha superato i 50mila, la stragrande maggioranza tra la popolazione civile.
Durante l'interminabile assedio, il più lungo nella storia dei conflitti moderni, le forze dell'Armata jugoslava prima e dell'esercito della Republika Srpska dopo hanno lanciato centinaia di granate ogni giorno sulla città, distruggendo migliaia di edifici, tra cui la Vijećnica, allora sede della biblioteca nazionale e oggi – dopo la ricostruzione – sede dell'amministrazione cittadina.
E proprio nella Vijećnica è stata inaugurato uno degli eventi più significativi che marca la data di oggi: la mostra del fotografo e accademico britannico Mark Lowe – intitolata “Opsada” - assedio, appunto – che documenta gli avvenimenti che hanno segnato quegli anni terribili.
“Purtroppo le foto di allora restano drammaticamente attuali”, ha dichiarato lo stesso Lowe al portale BalkanInsight. “In Cecenia e Siria prima e in Ucraina oggi. La promessa di impedire il ripetersi di quelle tragedie, sfortunatamente suona ancora vuota”.
Francesco Martino