Danni senza precedenti hanno colpito i gasdotti Nord Stream 1 e 2, con conseguenze imprevedibili e potenzialmente devastanti da ogni punto di vista: ambientale, economico, politico e anche sociale, dal momento che tramite quelle condotte passa il gas russo che approda in Germania per essere poi distribuito in Europa, soprattutto quella centro-orientale.
Per prima è stata l'Autorità marittima danese a segnalare una fuga di gas nei pressi dell'isola di Bornholm, con l'operatore Nord Stream AG che aveva inizialmente parlato di una perdita. L'agenzia danese per il traffico marittimo ha poi vietato la navigazione entro un raggio di cinque miglia nautiche dalla posizione segnalata, congelando così il traffico marittimo nella zona. Il gas fuoriuscito dai gasdotti, infatti, sta ribollendo in superficie nel mar Baltico, agitando aree di mare che vanno dai 200 ai 1.000 metri di diametro.
Al momento è impossibile stimare quando sarà ripristinata la capacità operativa del sistema di reti del gas. Quel che è certo è che le stazioni sismologiche in Svezia e Danimarca nei giorni scorsi hanno registrato forti esplosioni sottomarine nella stessa area del Mar Baltico dove si sono verificate le perdite di gas. Terremoti di magnitudo 2.3 che sono stati registrati in 30 stazioni stazioni di misurazione situate nel sud della Svezia.
Altrettanto certe sono gli scambi di accuse reciproche. Kiev, tramite il consigliere presidenziale ucraino Mikhailo Podolyak, punta il dito contro Mosca e parla di attacco terroristico e aggressione nei confronti dell'Europa, mentre il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha detto che al momento nessuna opzione può essere esclusa. Anche la Nato esamina con attenzione la situazione.
La preoccupazione è generalizzata perché, come ribadito da tutti, si tratta di un problema per la sicurezza energetica dell'intero continente.
Valerio Fabbri