Non si metterebbe bene per l’Italia, secondo la stampa croata, la disputa sul Prošek, il vino croato, completamente diverso dal più famoso Prosecco, al centro di un braccio di ferro fra Zagabria, che chiede di poterlo commercializzare con il suo nome, e Roma, che invece lamenta una sorta di concorrenza sleale e chiede di far cambiare la denominazione, come accaduto per il Tocai italiano, ora Friulano.
La commissione per l'Agricoltura e lo sviluppo rurale del Parlamento europeo avrebbe accolto in settimana, con 39 voti favorevoli e 7 contrari, la proposta di regolamento sulle indicazioni geografiche che regola anche la protezione dei prodotti con nomi simili, e che dà sostanzialmente ragione alla Croazia. Il testo prevede che i nomi simili possano essere protetti, a condizione che vi sia una chiara differenza nell'uso locale a lungo termine del prodotto e che i consumatori non siano indotti in errore. L’Italia invece chiedeva di escludere la protezione di tutti i nomi che possano far pensare a un altro prodotto.
Il regolamento deve esser ancora approvato dalla sessione plenaria, ma raramente il Parlamento europeo cambia direzione rispetto a quanto deciso nelle commissioni.
Gli eurodeputati croati sottolineano come i due vini siano assolutamente diversi e non ci sia pericolo di confusione, ma lo stesso Presidente del Veneto, Luca Zaia, ha ribattuto affermando che “in sede europea è importante non arretrare di un millimetro in quella che è una battaglia identitaria a difesa dei nostri prodotti simbolo”, e ha rimandato alla Riforma delle Indicazioni geografiche (Ig) che il Parlamento europeo approverà a primavera e che vieterebbe nomi che generano confusione tra i consumatori e favoriscono il fenomeno dell'”italian sounding”. “L’Ue – ha detto - deve decidere se stare dalla parte dei propri territori o se annacquare le Denominazioni rischiando di generare operazioni a danno dei diversi Paesi membri”.
“Probabilmente i colleghi croati, presi dalla furia di difesa, - ha commentato l’eurodeputata friulana Elena Lizzi - hanno letto male il regolamento sulle Indicazioni geografiche in corso di approvazione e hanno fatto un “blend” dei principi, diffondendo così confusione. In realtà è solo un voto procedurale prima del voto definitivo in plenaria e il regolamento sulle Ig parla molto chiaro, ma auspico che anche il governo italiano vigili in Consiglio e in Commissione su questa situazione essenziale per la tutela dei nostri produttori e consumatori”.
Alessandro Martegani