Il destino di Bakhmut, la cittadina nella regione del Donetsk contesa da oltre sette mesi da russi e ucraina, prima dell'invasione contava circa 70 mila abitanti, mentre ora è un cumulo di macerie il cui destino non è ancora chiaro. Chiamata Artëmovsk dai russi, Bakhmut si trova sulla strada che porta a città ucraine più importanti, quali Sloviansk e Kramatorsk, e dunque è un passaggio obbligato se l'esercito russo vuole avanzare. Ma da un punto di vista militare e strategico ha un valore estremamente limitato. Eppure il suo valore simbolico, se non anche politico per questioni interne russe, è diventato altissimo.
Sabato sera Yevgeny Prigozhin, il leader delle forze paramilitari russe Wagner, aveva annunciato di aver occupato interamente Bakhmut, notizia subito rilanciata dal ministero della Difesa russo che ha parlato di liberazione, anche se poi lo stesso Prigozhin ha aggiunto che consegnerà la città all'esercito di Mosca il prossimo 26 maggio. Le autorità ucraine hanno smentito di aver perso completamente Bakhmut, ma la situazione sembra ormai compromessa. Secondo stime occidentali tra i 20mila e i 30mila soldati russi sono stati uccisi o feriti a Bakhmut. Le perdite ucraine non sono note ma sono con ogni probabilità comparabili.
Al G7 di Hiroshima il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, rispondendo a una domanda su Bakhmut ha detto che la città ormai «è soltanto nei nostri cuori». Secondo funzionari ucraini tuttavia Zelensky non si stava riferendo alla perdita della città, ma al fatto che è ormai completamente distrutta. Per il gruppo Wagner la conquista di Bakhmut è un obiettivo irrinunciabile, mentre Zelensky in passato aveva definito la cittadina come una «fortezza» per il morale ucraino.
Valerio Fabbri