La conferma è arrivata dai piani alti del governo di Pristina: giovedì scorso il Kosovo ha presentato domanda ufficiale per essere ammesso nel Consiglio d'Europa, l'organizzazione continentale impegnata nella protezione di diritti umani, democrazia e stato di diritto.
La tempistica della domanda non è casuale: il Kosovo spera di ottenere luce verde dopo l'uscita di scena della Russia – tradizionale alleato della Serbia ed oppositore del riconoscimento internazionale di Pristina – che a metà marzo ha abbandonato il Consiglio appena prima di esserne espulsa per l'invasione dell'Ucraina.
Con Mosca fuori dai giochi, il Kosovo spera di essere ammesso nell'organizzazione in tempi rapidi: per entrare c'è bisogno del voto positivo di due terzi dei paesi membri e Pristina è già stata riconosciuta da 34 dei 46 stati che fanno parte del Consiglio, e ha incassato l'appoggio esplicito di cancellerie importanti, come quella di Berlino.
Ad essere contraria, naturalmente è la Serbia, che non riconosce l'indipendenza dichiarata dal Kosovo nel 2008 e continua a ritenerlo parte del proprio territorio nazionale. Dopo la notizia della domanda d'ammissione, il presidente serbo Aleksandar Vučić ha annunciato “forti reazioni […] che non si limiteranno a qualche dichiarazione sui media”.
Secondo Vučić, con il suo tentativo di essere ammesso nel Consiglio d'Europa il Kosovo avrebbe violato vari accordi con Belgrado, da Pristina ribattono invece di avere tutte le carte in regola. Di certo, l'ingresso nel Consiglio d'Europa rafforzerà l'ancora fragile posizione internazionale di Pristina.
Francesco Martino