Oggi si apre il voto per il Parlamento europeo con i primi due dei 27 paesi membri chiamati alle urne. , che sino ad un mese fa sembravano dover essere definitivamente fuori dal Parlamento con la loro uscita dall'Unione europea. Con la procrastinazione della Brexit al 31 ottobre invece sono chiamati ad eleggere 73 eurodeputati e tra questi probabilmente verrà riconfermato Nigel Farange, il principale promotore della Brexit.
"Nigel Farange che molti ricordano perché è stato il leader del UKIP, il partito indipendentista inglese che chiese il referendum nel 2010, e che sembrava essersi ritirato a vita privata lavorando come conduttore radiofonico pur avendo mantenuto il suo seggio nel Parlamento europeo", ci racconta Andrea Fioravanti che lo ha intervistato qualche giorno fa, "si ripresenta invece con un nuovo partito il "Brexit party", sfruttando la grande impasse dei conservatori e dei laburisti che non sono riusciti ad uscire dall'Unione europea come avevano promesso. Lui è quindi molto felice di questo e non esclude l'ipotesi di candidarsi alle elezioni nazionali che probabilmente saranno a fine autunno. Il suo partito attualmente è dato al 28%, mentre i conservatori di Theresa May, che l'altro giorno ha presentato l'ennesimo piano per uscire da questa situazione di stallo, che sarà probabilmente affossato per la quarta volta dal Parlamento inglese, raggiungono a mala pena il 12%".
Quello che sembrava essere tra i principali sconfitti, quindi, risorgere come un'araba fenice risorgere dalle ceneri di questa Brexit che sta creando non poca confusione anche a Bruxelles.
"Effettivamente anche qui nessuno si aspettava che si potesse arrivare fino a questo punto, ossia che il Regno Unito avrebbe partecipato alle elezioni europee", dice Fioravanti, "visto che tra l'altro questo complicherà molto le cose. Perché cosa accadrà se il primo novembre, quando il Regno Unito dovrebbe uscire automaticamente, non si troverà un accordo su cosa si farà dei deputati britannici e dei loro seggi? Li si manderà a casa? Li si ridistribuirà? E poi c'è il problema politico. La Gran Bretagna ha avuto circa due anni e mezzo di negoziati, ma la questione, allo stato attuale, resta sempre la stessa: il meccanismo del backstop, ossia il confine tra Irlanda del Nord e l'Eire che nessuno vuole rimettere. Un bel dilemma visto che se vuoi uscire dall'Unione europea devi anche lasciare il mercato unico. Inoltre, con la chiusura della frontiera tra le due Irlande si rischia di fomentare una nuova stagione dei cosiddetti "troubles", come gli inglesi chiamano il periodo caratterizzato dal terrorismo nord irlandese iniziato negli anni Sessanta e chiusosi nel 1998, quando proprio grazie al UE si trovò un accordo per far finire le tensioni. Una questione, questa, che resta uno dei grandi enigmi del negoziato in corso, che sino ad ora a quanto pare nessuno è riuscito ancora a risolvere".
Barbara Costamagna