L'annuncio della prima ministra scozzese Sturgeon del lancio di un referendum per l'indipendenza scozzese è stato fatto in concomitanza della presenza della regina Elisabetta ad Edimburgo e malgrado il governo centrale britannico di Boris Johnson, che sulla carta dovrebbe dare il nulla osta, abbia ripetutamente evocato il proprio veto.
Il premier britannico Johnson continua a ritenere che un referendum bis sull'indipendenza della Scozia non sia all'ordine del giorno dopo quello del 2014 e che "non sia tempo nemmeno di parlarne" nello scenario attuale.
Il primo ministro inglese intende comunque "studiare attentamente" la proposta della leader di Edimburgo: proposta che lo stesso governo scozzese intende del resto sottoporre alla Corte Suprema del Regno, cui spetterà dare un primo verdetto.
In base al regolamento costituzionale del Regno Unito questo tipo di referendum va autorizzato da Londra e non può essere convocato autonomamente da una delle quattro nazioni che lo costituiscono, ovvero Inghilterra, Galles, Irlanda del Nord ed appunto Scozia.
Un via libera che Johnson, come del resto in passato la sua predecessora Theresa May, ha ribadito più volte di non voler dare, tenuto conto che la consultazione del 2014 fu convocata con l'impegno delle parti a far sì che fosse il voto di "una generazione".
Sturgeon, leader degli indipendentisti del Scottish National Party, sostiene invece di aver il mandato democratico per chiedere un bis, sulla base della maggioranza conquistata in Scozia dal suo partito e del cambiamento di scenario prodotto dalla Brexit.
L'allontanamento dalla Ue nel 2016 fu infatti votato a maggioranza dagli elettori inglesi e gallesi, ma solo da una minoranza di scozzesi.
Davide Fifaco