I membri del Parlamento europeo hanno simbolicamente votato per denominare l’intera Unione europea zona di libertà per le persone LGBTQI. 492 gli eurodeputati a favore, 46 gli astenuti e 141 quelli contrari, che così hanno espresso la loro posizione a favore di quelle che sono le politiche discriminatorie che vengono messe in atto soprattutto in alcuni paesi del cosiddetto gruppo di Višegrad.
Baluardo della lotta contro i diritti delle persone LGBT la cattolicissima Polonia dove nei confronti dei cittadini LGBTQI sono state introdotte limitazioni della loro libertà, e viene portata avanti un vera e propria campagna ideologica contro di loro e delle loro richieste. Non migliore è la situazione in Ungheria, che vede nel partito al governo Fidesz il più strenuo difensore dei valori di quella che viene definita “famiglia tradizionale”.
Purtroppo, però, queste posizioni sono condivise anche in altre parti del continente; sostenute da forze politiche presenti anche all’interno del parlamento europeo che bloccano in alcuni casi un’ulteriore estensione dei diritti agli LGBTQI nei loro stati di appartenenza e si impegnano in alcuni casi in campagne contro la corretta informazione su questi temi e la lotta contro l’intolleranza nei confronti di questi cittadini.
Per impedire queste violazioni dei diritti di una parte consistente di cittadini europei le istituzioni comunitarie "possono fare ciò che la Commissione europea ha iniziato a dire che avrebbe fatto, ovvero non inviare denaro e fondi dell'UE se non verranno utilizzati nel pieno rispetto e in conformità con i valori dell'UE", ha suggeirto Evelyne Paradis - Direttore esecutivo di ILGA-Europe; anche se in realtà la strada sembra ancora lunga e piena di ostacoli.
Barbara Costamagna