Gli elementi sono ancora pochi per ricostruire con esattezza quel che è accaduto lunedì al largo dell'isola danese di Bornholm, in pieno Mar Baltico. L'unica certezza è che Nord Stream I e Nord Stream II sono stati distrutti da due potenti esplosioni, la seconda delle quali, secondo gli esperti dell'Università di Uppsala, aveva un potenziale pari a cento chili di dinamite. I danni «avvenuti nello stesso giorno contemporaneamente su tre linee di sistema dei gasdotti offshore del sistema Nord Stream non hanno precedenti».
Secondo il primo ministro danese, Mette Frederiksen, è molto difficile pensare che i danni al gasdotto siano una coincidenza. Per la Commissione europea è «prematuro» fare speculazioni sulle cause delle perdite. Il segretario di Stato americano, Antony Blinken, ha detto che le indagini per verificare quanto accaduto sono in corso, ma ha anche aggiunto che nei prossimi mesi bisognerà lavorare per mettere fine alla dipendenza energetica dell'Europa dalla Russia. Nei fatti entrambi i gasdotti erano fermi. Il gasdotto Nord Stream 2 collega la Russia alla Germania e anche se i lavori sono terminati non è mai stato inaugurato a causa delle tensioni con Mosca per il conflitto in Ucraina. Gazprom nelle scorse settimane aveva deciso di interrompere il flusso su Nord Stream 1 per lavori di manutenzione impediti dalle sanzioni occidentali. Ma Bruxelles ha accusato Mosca di cercare un pretesto per ricattare l'Europa sulle forniture di gas.
In questo puzzle dai contorni ancora poco chiari c'è da segnalare che gli incidenti sono avvenuti nel giorno in cui Polonia, Norvegia e Danimarca hanno inaugurato un gasdotto strategico che consentirà a Varsavia di diventare completamente indipendente dalle consegne russe. "Un sogno" che si avvera, ha affermato il presidente polacco Andrzej Duda in occasione del lancio di Baltic Pipe, che ha una capacità di 10 miliardi di metri cubi di gas all'anno.
Valerio Fabbri