Sospensione delle operazioni in Ungheria fino a data da destinarsi, è questa la decisione presa la settimana scorsa da Frontex, l'agenzia UE per il controllo delle frontiere comunitarie.
Il provvedimento è conseguenza del mancato rispetto da parte di Budapest di una sentenza emessa lo scorso dicembre dalla Corte europea di Giustizia, che ha accusato il governo ungherese di non assicurare a migranti e richiedenti asilo la protezione garantita dalle convenzioni internazionali.
Sempre secondo la Corte, gli agenti di frontiera ungheresi hanno effettuato migliaia di respingimenti illegali verso Serbia, in violazione alle norme UE e al diritto dei richiedenti di vedere valutata la propria richiesta di asilo e protezione.
Secondo il Comitato Helsinki ungherese, i casi di respingimento documentati sono almeno 50mila, e ben 4400 sarebbero avvenuti dopo il pronunciamento della Corte.
La decisione di Frontex, sottoposta in questi anni a crescente criticismo, soprattutto da parte delle organizzazioni non governative, è stata accolta positivamente dalla Commissaria UE agli Affari Interni Ylva Johansson, che l'ha definita “una scelta giusta”.
Il governo ungherese non sembra però intenzionato a modificare le proprie posizioni. Il rigido atteggiamento anti-immigranti è stato uno dei pilastri politici del premier Viktor Orbán fin dall'esplosione della “rotta balcanica” nel 2015.
In questi anni Orbán, oltre a sigillare la frontiera con la Serbia con la costruzione di una barriera fisica lungo il confine, ha respinto ogni tentativo di redistribuzione di migranti e rifugiati a livello europeo, attirandosi così dure critiche da parte di Bruxelles.
Francesco Martino