“Roma deve riprendersi i richiedenti asilo che si sono trasferiti illegalmente da noi”. I paesi di Visegrad e la Germania contro le richieste italiane
La riforma del regolamento di Dublino “è morta”. L’annuncio lo ha dato , sottosegretario di Stato belga all’Immigrazione, a margine del Consiglio Ue Affari esteri a Lussemburgo dove si sono discusse le proposte di modifica delle norme che regolano la gestione dei richiedenti asilo. Norme che l’Italia contesta da tempo perché di fatto assegnano ai paesi di primo approdo come il nostro il grosso del peso dell’accoglienza.
L’intesa impossibile
La riunione di Lussemburgo, come ci si attendeva alla vigilia, ha sancito le distanze profonde tra i vari paesi europei: da un lato quelli del Sud, tra cui Italia e Grecia, che chiedevano una maggiore condivisione dell’onere burocratico e di accoglienza dei richiedenti asilo tra i diversi Stati membri. Dall’altro i paesi di Visegrad, tra cui l’Ungheria di Viktor Orban a cui guarda Salvini per un’alleanza europea, ma che finora ha opposto un muro fermo alle istanze italiane. In mezzo, Francia e Germania, con Berlino ferma sulla richiesta di portare la “responsabilità stabile” da 2 a 10 anni: in sostanza, secondo la proposta tedesca, i richiedenti asilo accolti in Italia dovrebbero restare nel nostro paese per 10 anni senza potersi spostare in un altro Stati membro dell’Ue. In barba alla libertà di circolazione, uno delle quattro libertà fondamentali dell’Ue.
In questo scenario balcanizzato, la bozza di riforma sul tavolo, portata dalla presidenza bulgara, non ha convinto nessuno. E adesso la palla passerà all’Austria, che da luglio avrà la presidenza dell’Unione e che, con un governo molto orientato a destra, non sembra molto disponibile a concessioni in termini di solidarietà e condivisione degli oneri. Senza un accordo entro il 2018, date anche le elezioni europee del maggio 2019, la riforma rischia di slittare per anni.
“L’Italia attui i respingimenti”
Il ministro belga Francken non sembra preoccupato di questa eventualità. E anzi, dà dei “consigli” al neo ministro dell’Interno Matteo Salvini, di cui condivide le posizioni come quella di smettere “di accettare delle imbarcazioni (di migranti) in Sicilia e in Italia" e di "cessare di incitare al traffico e di lasciare arricchirsi le mafie”. Il Belgio è pronto al compromesso, ma non vuole "più immigrazione illegale. Diciamo come gli italiani: Basta così!", ha spiegato Francken, che poi aggiunge: “L’Italia è obbligata a salvare i migranti in mare, e deve accoglierli, senza poterli rimpatriare in Libia o altrove. Dobbiamo poter respingere le imbarcazioni. Dobbiamo trovare un modo per aggirare l'articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo”, ha detto il sottosegretario belga.
Tutto rose e fiori con Salvini? Non proprio: l’Italia potrebbe decidere unilateralmente di non rispettare le regole vigenti di Dublino, cosa che vorrebbe dire anche non accettare più i rimpatri da altri paesi Ue di richiedenti asilo “sfuggiti” alle maglie della autorità italiane: si chiamano “movimenti secondari” e sono spesso una delle accuse mosse al nostro paese da altri Stati membri, Germania, Francia e Austria compresi. Su questo Francken è pronto a dare battaglia contro lo stesso Salvini: “Se oggi la posizione del governo italiano è che non si può più rispedire nessuno (in Italia), questo equivarrebbe a denunciare l'insieme degli accordi (europei) sull'immigrazione" e "si tornerebbe allora verso il ritorno dei controlli alle frontiere interne" di Schengen.
Dario Prestigiacomo
Articolo realizzato nell'ambito del progetto Europa.Today e con il finanziamento del Parlamento Ue