Soltanto lo scorso 16 maggio, 97 scuole di vario ordine e grado a Belgrado hanno ricevuto allarmi bomba. Ma bersaglio delle minacce nella capitale serba sono stati anche il grattacielo “Beogradjanka”, lo zoo cittadino e la stazione ferroviaria, mentre a Niš, principale centro della Serbia meridionale, un avvertimento anonimo ha bloccato le operazioni dell'aeroporto cittadino.
Da alcune settimane, la Serbia convive quasi quotidianamente con la paura di possibili attentati, per ora fortunatamente mai concretizzata. La polizia serba sostiene di aver identificato vari account fuori dal paese, da cui le minacce sarebbero arrivate via posta elettronica, mentre la settimana scorsa due cittadini serbi sono stati arrestati e otto rinviati a giudizio.
Le indagini continuano, ma per la premier serba Ana Brnabić il motivo delle minacce alla Serbia va cercato nella resistenza di Belgrado a partecipare alle sanzioni contro la Russia, applicate dai paesi dell'area euro-atlantica dopo l'invasione dell'Ucraina voluta lo scorso 24 febbraio dal Cremlino.
Una linea sposata dal presidente serbo Aleksandar Vučić, che lo scorso aprile aveva accusato i servizi segreti di Ucraina e di una altro - non specificato - stato Ue, per i falsi allarmi bomba agli aerei della Air Serbia, gli unici in Europa che continuano a viaggiare verso la Russia.
Nelle ultime settimane, allarmi bomba sono stati registrati anche in Montenegro, Bosnia Erzegovina e Croazia: al momento, però, non è ancora chiaro se e come questi incidenti siano collegati.
Francesco Martino