Gli Stati Uniti hanno imposto sanzioni a politici e funzionari di vari stati dei Balcani occidentali, accusandoli di rappresentare una minaccia alla stabilità regionale. Colpito anche l'ex premier macedone, Nikola Gruevski. Con la guerra in Ucraina a sconvolgere gli equilibri nel Vecchio continente, gli Stati Uniti temono che l'instabilità possa allargarsi in fretta ad altre aree sensibili d'Europa: sotto i riflettori soprattutto i Balcani occidentali, area di tradizionale scontro geopolitico tra Occidente e Russia.
Non sorprende quindi l'ultima iniziativa del dipartimento del Tesoro statunitense, che ha imposto sanzioni a sette persone nell'area, da politici a funzionari, accusati di rappresentare "una grave minaccia alla stabilità" dei Balcani occidentali.
Due i nomi più noti inseriti nella lista: il primo è l'ex premier conservatore della Macedonia del nord Nikola Gruevski, condannato per corruzione in patria e fuggito nel 2018 in Ungheria, dove ha chiesto e ricevuto asilo politico, una decisione del governo di Budapest giudicata in modo estremamente negativo da Washington.
Il secondo è Svetozar Marović, ultimo presidente dell'effimera Unione di Serbia e Montenegro, anche lui condannato per corruzione nel suo Montenegro, ma riparato nella vicina Serbia, che dal 2019 rifiuta di concedere l'estradizione.
La lista del dipartimento del Tesoro include altri nomi dalla Macedonia del nord, dall'Albania e dalla Bosnia Erzegovina, come il mogul mediatico albanese Ylli Ndroqi e l'ex procuratore capo bosniaca Gordana Tadić: i sanzionati vedranno congelati i propri beni negli USA, dove non potranno più entrare legalmente, mentre ai cittadini e alle imprese americane sarò vietato intessere rapporti economici con i soggetti colpiti.
Francesco Martino