Scontro tra Serbia e Kosovo sulle responsabilità della potente esplosione che ha gravemente danneggiato un importante acquedotto nel nord del Kosovo, causando interruzioni e scompensi nell'erogazione idrica e di energia elettrica con gravi disagi per le popolazioni locali.
Da Belgrado sono giunte smentite e controaccuse nei confronti di Priština. Secondo il ministro degli esteri serbo, Marko Djuric, il fatto che il premier Kurti si sia affrettato a puntare il dito contro la Serbia, senza aver alcun elemento concreto, dimostra il coinvolgimento del suo 'regime' nell'attentato. Dichiarazioni di tenore analoghe sono giunte da Petar Petkovic, capo dell'Ufficio governativo serbo per il Kosovo, che ha parlato di un attentato diretto contro la pace per la quale Belgrado è da sempre impegnata. Un attentato, ha osservato, che "non è assolutamente nell'interesse del popolo serbo locale e di Belgrado". Il nord del Kosovo è abitato in prevalenza da serbi. Djurič ha quindi fatto appello alle istituzioni internazionali presenti in Kosovo a condurre indagini indipendenti per fare piena luce su quanto accaduto.
La polizia kosovara ha effettuato una serie di perquisizioni e arrestato 8 persone, sospettate di essere coinvolte nell'esplosione. In tutto il paese sono state adottate misure per rafforzare la sicurezza intorno a ponti, viadotti e altre infrastrutture critiche, ed è stato al tempo stesso evocato un possibile collegamento con gli attacchi della Russia alle infrastrutture energetiche dell'Ucraina. Solidarietà a Priština è arrivata dalle ambasciate americana, inglese, italiana e della rappresentanza in Kosovo dell'Ue.
Valerio Fabbri