Polonia e Ungheria considerano il condizionamento dei fondi europei al rispetto dello stato di diritto un'ingerenza ideologica nei loro affari interni. La Corte di Giustizia dovrà ora verificare se un taglio delle risorse previste dal bilancio Ue, in caso di violazioni in materia di stato di diritto, sia legittimo. E proprio a causa dello scontro sul meccanismo dello stato di diritto, Budapest e Varsavia avevano a lungo minacciato di bloccare l'approvazione del bilancio 2021-2027 e del Recovery fund.
"L'Unione europea non ha la competenza di definire il concetto di stato di diritto o di determinare le condizioni, con le quali viene valutato il rispetto dei principi di base", ha affermato il portavoce del governo polacco. Secondo le sue parole "l'erogazione dei fondi dal bilancio Ue deve basarsi solo sul soddisfacimento di condizioni oggettive e concrete, che derivano inequivocabilmente dalle normative. L'interpretazione politicizzata" delle regole dell'Ue è "una minaccia molto seria non solo per la Polonia ma anche per l'Unione europea stessa", ha aggiunto.
"Davanti alla Corte di giustizia dell'Unione europea, insieme alla Polonia, stiamo sfidando il meccanismo di condizionalità", ha scritto su Facebook il ministro della Giustizia ungherese.
Pronta la risposta della Commissione europea: la mossa dei due paesi non è una sorpresa. Il decreto resta in vigore ed è uno degli strumenti per proteggere il bilancio dell'Unione. Prima di intraprendere qualsiasi azione, la Commissione aspetterà la decisione della Corte di Giustizia; sta però comunque monitorando la situazione da vicino. Inoltre, Bruxelles precisa di credere fermamente nella legalità di questo decreto.


E. P.

Foto: EPA
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