Questa domenica, nonostante una splendida giornata di sole, molti triestini hanno scelto di chiudersi nei locali del caffè San Marco per seguire l'incontro con. A margine dell'incontro la Schlein ci ha rilasciato una lunga intervista nella quale ha parlato della sua esperienza al Parlamento europeo e della sua proposta politica, che come ci ha spiegato nasce dall'essersi resa conto che nel paese esiste un fermento nella società civile che per ora non ha ancora trovato una risposta:
Credo che un po' in tutto il paese ci sia una grande voglia di mobilitazione su temi che ci vedono tutti coinvolti. Abbiamo visto una grande partecipazione a Verona per difendere i diritti delle donne e contro ogni discriminazione omotrans-fobica. Abbiamo visto le piazze straordinarie del clima solo qualche settimana fa, con migliaia di studentesse e studenti che marciavano insieme a Greta per salvare il pianeta. Abbiamo visto molte mobilitazioni sui migranti, sul lavoro, sulla parità di genere. Credo che ci sia molto più fermento di una volta e anche le sale per questo tipo di incontri sono più piene. Questo è un gran bel segnale, che, però, la politica deve cogliere come elemento di una grande responsabilità che ha: quella di evitare inutili frammentazioni e di costruire invece le basi per riempire il cosiddetto "terzo spazio".
Che cosa è il "terzo spazio"?
È molto semplice. Ci stanno raccontando, e lo sentiremo sempre più andando verso le prossime elezioni europee, che la sfida sarà tra europeisti e antieuropei o euroscettici. Io credo che questa sia una narrazione superficiale e fuorviante, perché la verità è che in questa dicotomia sarebbe troppo semplice nascondersi tra gli europeisti anche per coloro che, avendo avuto responsabilità di governo in Europa in questi anni, hanno con le loro scelte folli dal punto di vista economico e sociale aumentato le diseguaglianze anzi che ridurle, aprendo la strada a questo rigurgito nazionalista, e in qualche caso anche fascista, in tanti dei nostri paesi. Quindi in questo caso io eviterei di fare una rimozione freudiana delle cause per cui ci troviamo in questa situazione con una crisi così profonda dell'Europa. È stato soprattutto per le scelte che sono state fatte da chi in questi anni l'Europa l'ha governata.
Io sono una federalista europea convinta, però, non riuscirei oggi a stare nello stesso ambito, nella stessa formazione o nello stesso partito con Macron che si pone in continuità con le politiche economiche e sociali fatte in questi anni dall'Unione, con le politiche del neoliberismo, dell'austerità, dell'ossessione del controllo dei bilanci. Quest'ultima è una cosa giusta ma si è dimenticato che se non la sia accompagna ad un grande piano di rilancio dell'economia e dell'occupazione non si arriva lontano.
Noi abbiamo una straordinaria occasione di sviluppo. Pensiamo che cosa potrebbe fare un Green new deal di cinquecento miliardi di euro di investimenti sulla transizione ecologica indispensabile per le nostre economie. Si creerebbe anche occupazione di qualità e in quantità, perché le due cose devono stare insieme. Manca solo la volontà politica di farlo; così come l'establishment europeo in questi anni non ha fornito risposte ad esempio sulla sfida migratoria che necessitava di solidarietà e di strumenti obbligatori di condivisione delle responsabilità tra tutti i paesi europei come quelli che noi abbiamo fatto approvare con la Riforma di Dublino al Parlamento europeo. È chiaro, quindi, di come in questo periodo siano mancate delle risposte e il "terzo spazio" è quello che dice "cerchiamo di costruire un'alternativa tanto a chi in questi anni si è reso responsabile di politiche sbagliate quanto a chi propone la soluzione altrettanto errata di ritornare ai confini nazionali a destra come a sinistra".
Sta per concludersi il suo mandato al Parlamento europeo ed anche in questo incontro ha cercato di chiarire ai cittadini come funziona la politica in Europa e quali sono i veri responsabili della crisi del sistema.
C'è una certa retorica che vuole diffondere l'idea che esista un'Europa brutta e cattiva che determina ed impone le sue scelte, che sono in mano a grigi eurocrati senza volto che decidono sulle nostre teste. In cinque anni a Bruxelles li ho cercati a lungo in tutti i corridoi, ma non li ho mai trovati. Quello che ho visto è che tutte le scelte che si prendono a Bruxelles, anche quelle che ci vengono raccontate come più tecniche (pensiamo al fiscal compact) in realtà sono squisitamente politiche. Ai cittadini deve essere chiaro che quella retorica su un'Europa senza volto che decide è molto funzionale proprio a chi vuole lasciare le cose esattamente come stanno, perché in realtà ci sono dei precisi responsabili politici dietro ad ogni risoluzione presa in sede europea. Laddove quelle scelte ci hanno visti perdenti, come sul tema dell'austerità, non è perché qualcuno fosse lì ad attuare schemi scritti chissà dove che derivavano direttamente e automaticamente dai trattati. Quello che è successo è che le scelte fatte in questi anni sono state il frutto avvelenato degli equilibri politici tra governi europei che hanno visto la legge del più forte prevalere; e non siamo stati evidentemente noi i più forti. I falchi dell'austerità hanno saputo fare squadra e determinare le politiche economiche e sociali dell'Unione; ma se si tratta di equilibri politici vuol dire che noi possiamo ribaltarli per ottenere scelte politiche diametralmente opposte che possano liberare il potenziale europeo e costruire opportunità di futuro per i nostri giovani.
Ma per quanto riguarda le europee non si è un po' in ritardo di fronte all'ondata dei sovranisti che arriva invece da molto lontano?
Siamo estremamente in ritardo. Io è da più o meno otto mesi che dialogo con tutte le forze politiche che esistono in questo cosiddetto "terzo spazio" e da qualche anno lo faccio in Europa con tutte le forze della sinistra e degli ecologisti europei, perché già da tempo si poteva capire che esisteva un'internazionale di nazionalisti che si stava muovendo in tanti nostri paesi con la stessa retorica di muri e di intolleranza, rafforzandosi l'uno con l'altro. È indubbio che il muro di Trump abbia rinforzato quello di Orban ma anche quello di Salvini, di Le Pen e di Farage. Anche se, portata agli estremi, in realtà quella retorica è un grande paradosso, che li potrebbe mettere gli uni contro gli altri, dalle parti opposte di questi muri che sognano di costruire. Sta a noi fare saltare all'occhio queste contraddizioni. Ma come facciamo se non abbiamo un fronte progressista e ecologista europeo che si possa collocare in questo "terzo spazio" e reagire a questa internazionale dell'odio? La cosa incredibile, però, è che noi questo fronte progressista ed ecologista già ce lo abbiamo in qualche modo. In tanti paesi europei, infatti, condividiamo le stesse battaglie eppure il fatto che, ad esempio, in Portogallo ci sia un governo di sinistra che sta sfidando l'austerità senza bisogno nemmeno di sbattere i pugni o di minacciare l'uscita dall'Unione, non rafforza tutto il resto della sinistra europea così come il muro di Orban rende più forti Salvini e gli altri sovranisti europei. Vuol dire quindi che stiamo lasciando l'internazionalismo ai nazionalisti.
Cosa deve fare quindi la sinistra?
Bisogna innanzitutto superare le tradizionali frammentazioni, perché non hanno più senso di esistere. Noi, ad esempio, al Parlamento europeo abbiamo lavorato perfettamente con una parte dei socialisti europei, quella più di sinistra; con i verdi; con una parte della sinistra europea che non si è abbandonata alle sirene del sovranismo. Quell'embrione lì di fronte socialista ed ecologista deve continuare a lavorare insieme immaginando anche configurazioni diverse all'interno del Parlamento europeo.
Ed in Italia?
Ci avviciniamo alle elezioni ed io trovo che sia irresponsabile arrivare con due o tre liste che diranno le stesse cose in questo "terzo spazio". Non credo che la risposta per le persone sia quella di caricarci delle ambiguità e delle contraddizioni che hanno messo le sinistre al margine in Italia ed in Europa in questi anni. Lo dico rispetto anche a chi ha fatto appelli generici all'unità di tutti gli europeisti contro la minaccia nazionalista. Occhio, perché tra gli europeisti ci potrebbe essere anche chi ha contribuito con le sue scelte all'avanzata dei nazionalisti. Faccio un esempio, così ci capiamo tutti: le politiche sull'immigrazione. Ci sono o non ci sono dei governi di centro sinistra che hanno adottato politiche migratorie molto simili a quelle della destra con l'unico esito di rafforzare la contro parte? C'è un vero ripensamento di queste politiche, oppure ci si sta chiedendo di abbracciarci tutti per offrire ai cittadini una lista che offre tutto e il contrario di tutto?
Io sono molto preoccupata. Le piazze sono piene, ma le organizzazioni politiche sono in difficoltà perché nessuna delle nostre realtà è più autosufficiente. Facciamo, quindi, uno sforzo di umiltà e di generosità, proviamo a riallacciare i fili con quello che si muove nella società e a mettere al centro un progetto condiviso per il futuro di questo paese e dell'Europa, che si basi sulla lotta alle disuguaglianze, sulla questione climatica, su quella migratoria, sulla giustizia fiscale per combattere l'evasione e l'elusione fiscale delle multinazionali che stanno rubando il nostro futuro e su come democratizzare l'impianto europeo. Ci sono almeno dieci o dodici sigle in Italia che condividono già queste cinque grandi battaglie e io non mi spiego come mai non si riesca a stare insieme in un progetto comune. Spero che cambi qualcosa nei prossimi giorni, ma ad ora il quadro non lascia ben sperare perché sembra che stiano prevalendo le solite logiche identitarie ed i soliti veti personali.
Per concludere come commenta la vittoria della Čutovà in uno dei paesi che fanno parte del fronte di Višegrad?
Io accolgo molto positivamente questa vittoria, anche perché mi sembra un freno importante all'avanzata della retorica nazionalista in alcuni paesi dell'Est. Dopo di che è vero che l'incapacità dei leader cosiddetti europeisti come Merkel e Macron di mettere in campo soluzioni condivise sul tema migratorio come quelle che il Parlamento europeo ha già approvato a larga maggioranza grazie al nostro lavoro, che chiedono a tutti i governi di condividere gli sforzi, ha contribuito a rafforzare la leadership di Orban in questi anni che ha compattato intorno a se i paesi Visegrad e ha esteso la sua influenza anche all'Austria e adesso all'Italia, visto che Salvini ci deve spiegare perché non hanno mai partecipato alle 22 riunioni di negoziato su Dublino, che è la riforma più importante sul problema dell'asilo. Probabilmente non voleva scontentare il suo alleato politico Orban e limitarsi a farne i compiti.
Io sono molto preoccupata, anche se so che nei paesi dell'Est c'è un dibattito ricco ed articolato e una società civile in fermento e perciò anche quando abbiamo deciso di attivare l'articolo sette per la violazione dei principi fondamentali della Ue da parte dell'Ungheria, abbiamo voluto chiarire che il Parlamento non faceva questo contro l'Ungheria o contro gli ungheresi. Si trattava di un'iniziativa contro il governo e la sua maggioranza che in quel momento stavano mettendo a rischio anzitutto i cittadini ungheresi come cittadini europei dal punto di vista dello stato di diritto, della corruzione nell'uso dei fondi europei e del rispetto del pluralismo dell'informazione e dell'autonomia dei giudici. Bisogna lavorare tutti assieme, quindi, per un'Unione diversa che sia in grado di dare risposte alle nuove generazioni.
Barbara Costamagna