Ursula von der Leyen e Giorgia Meloni
Ursula von der Leyen e Giorgia Meloni

La posizione ufficiale di Roma è quella espressa dalla premier Giorgia Meloni al temine del vertice straordinario dell'Ue sulla difesa e sull'Ucraina: l’Italia è favorevole al piano ReArm Europe, ma la sospensione del Patto di stabilità e crescita non deve limitarsi alle spese della difesa e per finanziare la corsa al riarmo, parola peraltro non gradita al governo italiano, non dovranno essere utilizzati i fondi di Coesione (vale a dire quelle risorse che finanziano progetti a favore dell'ambiente e della rete trans-europea negli Stati membri); l’Italia inoltre non manderà soldati in Ucraina.
Questa l’opinione della presidente Meloni manifestata a Bruxelles, ma in Italia le posizioni sul progetto di difesa europea sono molto diverse e dividono sia gli schieramenti, sia gli stessi partiti.
Nella maggioranza, oltre al partito della premier che ha seguito la propria leader, con il ministro della difesa Guido Crosetto che ha già annunciato la possibilità di addestrare tra i 30 e i 40 militari in più e di aumentare di un terzo la capacità difensiva, a favore del piano europeo si è schierata dichiaratamente Forza Italia (“Siamo sempre stati a favore della difesa europea – ha detto il ministro degli esteri e leader degli azzurri Antonio Tajani - era il grande sogno di De Gasperi e poi di Berlusconi e quindi se adesso si concretizza questo sogno non può che essere un fatto positivo”), ma si è invece sganciata la Lega di Matteo Salvini, con una non facile sintesi fra il trumpismo antieuropeista e il pacifismo. “Una scelta sbagliata, a partire dal nome”, ha dichiarato il ministro delle Infrastrutture, che ha anche avviato una serie di iniziative contro all’impegno in Ucraina: “Prima non si poteva investire un euro in più per sanità e scuola, mentre ora si possono spendere 800 miliardi per la difesa comune. Se oggi avessimo un esercito europeo, Francia e Germania ci avrebbero già mandato in guerra”. Prudente anche il numero due del Carroccio, il ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti, che ha auspicato “un programma, per quanto possibile, meditato e ragionato di investimenti in infrastrutture militari che abbiano un senso e non fatte in fretta e furia senza una logica". La delegazione della Lega al Parlamento europeo ha parlato di una «preoccupante deriva bellicista» dell’Ue.
Divisa però è anche l’opposizione, che procede in ordine sparso, con Italia Viva e Azione che hanno appoggiato subito il piano europeo, mentre le altre forze non governative hanno preso le distanze, ma con molti distinguo: per la segretaria del Partito Democratico Elly Schlein il piano von der Leyen “non è la strada che serve all’Europa, perché la difesa comune e il riarmo nazionale sono due cose molto diverse”. Nel Pd però non mancano le voci discordanti, come quella dei riformisti di Paolo Gentiloni che invece appoggiano la linea europea. Dichiaratamente contrario invece il Movimento 5 Stelle, che ha definito il piano presentato da von der Leyen una “follia bellicista”, e Alleanza Verdi-Sinistra. “Meloni - ha affermato il segretario dei Verdi Angelo Bonelli - venga in Parlamento a spiegare dove prenderà i 30 miliardi di euro per le armi e che fondi taglierà”.
Proprio un confronto parlamentare potrebbe ora riservare delle sorprese e molte incertezze a Giorgia Meloni, che parteciperà al vertice fra i paesi europei che intendono impegnarsi in Ucraina sia pur come osservatrice esterna e che dovrà affrontare le Camere in vista del Consiglio europeo di fine mese: un appuntamento che al momento, viste le posizioni in campo, non offre certezze di sostegno alla posizione del governo italiano.
Alessandro Martegani