Nella sede delle Nazioni Unite a Ginevra, l'inviato dell'ONU in Libia, Ghassan Salamé, ha annunciato che le fazioni libiche hanno accettato di negoziare per trasformare la 'tregua' in vigore in Libia dall'inizio di gennaio in un 'cessate-il-fuoco' permanente. L'inviato Onu ha continuato a fare spola tra i rappresentanti, 5 membri per ciascuna fazione rivale, il governo di accordo nazionale guidato da al Sarraj e le forze del generale Haftar.
Salamè ha detto che "Con le due parti a Ginevra discuteremo della lunga lista di punti all'ordine del giorno, dal trasformare questa tregua in un vero accordo su un cessate il fuoco duraturo, al modo per ridurre le distanze nei loro punti di vista''. Il principio è stato adottato ora si tratta di sapere quali siano le condizioni". Quanto concordato andrà comunque consolidato: troppe volte le due parti non hanno rispettato sul terreno quello che veniva concordato con le Nazioni Unite. Negli ultimi giorni, e soprattutto dopo il 19 gennaio, ovvero dopo la conferenza di Berlino, le fazioni pro-Haftar e pro-Tripoli hanno fatto giungere sul campo altri mercenari e altre armi. In particolare, il governo di Serraj ha schierato anche alla periferia Sud di Tripoli alcune centinaia di ribelli siriani turcomanni che la Turchia ha trasferito nelle settimane scorse in Libia dalla Siria. Salamè ha confermato che "non è stato rispettato l'embargo sulle armi in Libia imposto alla Conferenza di Berlino, e abbiamo chiesto al Consiglio di sicurezza di adottare una risoluzione che accolga quanto emerso da Berlino per seguire da vicino la violazione dell'embargo posto sulle armi'.
Il conflitto in atto risale al 2014 quando il governo internazionalmente riconosciuto, basato sulla città orientale di Tobruch e sostenuto dalla Camera dei Rappresentanti e dall'Operazione Dignità di Haftar si scontrò con Tripoli. Successivamente subentrò un terzo incomodo, l'Isis. Dal 2016 le Nazioni Unite portarono a Tripoli un nuovo esecutivo di Accordo Nazionale mai riconosciuto dal generale.
Corrado Cimador