Il dispositivo si basa su una soluzione flessibile, vale a dire che Trump si è riservato di aumentare o abbassare i dazi in qualsiasi momento e di esentare provvisoriamente alcuni paesi come Australia, Canada e Messico, questi ultimi però solamente in subordine ad un'efficace rinegoziazione dell'accordo di libero commercio nord americano NAFTA.
La decisione richiama la sezione 232 di una legge che permette a Trump di agire sulle tariffe senza passare dal Congresso. In base alla legge del 1962 il presidente può imporre dazi su tutti i paesi i cui prodotti importati negli Stati Uniti pongono un rischio alla sicurezza nazionale. Molte nazioni, Unione Europea inclusa, hanno contestato tale giustificazione. Bruxelles ha promesso contromisure nei prossimi giorni, accusando gli Stati Uniti di sfacciato intervento per proteggere l'industria statunitense, mentre la Cina ha protestato evidenziando nei giorni scorsi di non volere una guerra commerciale ma che prenderà le misure necessarie se i suoi interessi verranno lesi. La Corea del Sud ha espresso un forte disappunto sulla decisione del presidente statunitense ventilando il ricorso al WTO, l'Organizzazione Mondiale del Commercio, nel caso non scatti l'esenzione come già avvenuto per Canada e Messico in quanto le misure colpirebbero pesantemente l'esportazione di Seoul verso gli Stati Uniti. Attualmente la Corea del Sud è il terzo esportatore verso gli Stati Uniti di acciaio con una quota del dieci per cento. Nel frattempo un gruppo di un centinaio di parlamentari repubblicani statunitensi hanno chiesto a Trump di rinunciare al suo piano di dazi. Riguardo alle possibili esenzioni, Trump ha precisato che vi sono sia paesi amici che nemici che si sono approfittati enormemente degli Stati Uniti nei settori commercio e difesa. Riferendosi alle spese militari ha aggiunto che la Germania paga l'uno per cento e gli Stati Uniti il 4,2 per cento di un PIL molto più importante alla NATO e che questo non è giusto.