Una tassa del 3% sui ricavi delle grandi multinazionali del web a un piano a più lungo termine per fare in modo che queste aziende paghino le tasse dove fanno profitti anche se non hanno una sede nel Paese. Sono queste le due direttive su cui si muove la Commissione europea che oggi ha presentato le nuove misure fiscali per garantire che le attività delle imprese digitali siano tassate in modo equo. Attualmente 9 delle 20 società più importanti al mondo per capitalizzazione di mercato sono digitali, rispetto a 1 su 20 dieci anni fa. Si tratta di un cambiamento importante di paradigma della nostra economia che però impone nuove regole fiscali.
Norme vecchie
"Le nostre norme, elaborate prima dell'avvento di internet, non autorizzano gli Stati membri a tassare le imprese digitali operanti in Europa quando vi hanno una presenza fisica minima o inesistente”, ha spiegato il commissario agli affari economici Pierre Moscovici secondo cui “questa situazione rappresenta un buco nero ancora più grande per gli Stati membri, in quanto la base imponibile viene erosa”. Oggi, le multinazionali digitali pagano in media nell'Ue il 9,3% di imposta contro il 23,2% delle altre aziende.
Le proposte
Per rimediare a questa situazione la Commissione propone nell'immediato una imposta indiretta provvisoria che si applicherebbe ai ricavi generati da determinate attività digitali che sfuggono completamente al quadro fiscale attuale. L'imposta si applicherà ai ricavi ottenuti dalle attività in cui gli utenti svolgono un ruolo fondamentale nella creazione di valore e che sono i più difficili da quantificare con le norme fiscali attuali, come ad esempio i ricavi generati dalla vendita di spazi pubblicitari online, da attività di intermediazione digitale che permettono agli utenti di interagire con altri utenti e che possono facilitare la vendita di beni e servizi tra di essi e i ricavi ottenuti dalla vendita di dati generati da informazioni fornite dagli utenti.
L'imposta sarà riscossa dagli Stati membri in cui si trovano gli utenti e si applicherà solo alle imprese con ricavi annui complessivi a livello mondiale di 750 milioni di euro e ricavi nell'Ue di 50 milioni di euro. Secondo le stime l'imposta con aliquota al 3% potrà generare entrate per gli Stati membri dell'ordine di 5 miliardi di euro all'anno.
"No misura anti-Usa"
La proposta della Commissione di tassare "non è una misura contro gli Usa", e non "ha alcun legame" con il braccio di ferro tra Washington e Bruxelles nato dalla decisione di Donald Trump di imporre dazi sull'acciaio e l'alluminio, ha garantito Moscovici. Per il francese "non c'è alcun rapporto tra questa proposta e i recenti sviluppi commerciali né si tratta di una 'Gafa tax', (dalle iniziali dei colossi del web che potrebbero essere colpiti dall'imposta, ovvero Google, Apple, Facebook e Amazon n.d.r), non è mirata a una società o a un Paese. Saranno coinvolte tra 120 e 150 società che sono metà americane, un terzo europee e asiatiche".
L'opposizione di Olanda e Irlanda
Ma sul punto i Paesi membri sono divisi. Due giorni fa, in una riunione degli ambasciatori degli Stati membri dell'Unione, è emersa la bocciatura da parte di Olanda, Lussemburgo, Irlanda, Malta e Cipro. Al Consiglio europeo di domani ne parleranno anche i capi di stato e di governo e i dissensi potrebbero riemergere. Francia, Italia, Germania e Spagna avevano spinto fortemente per l'iniziativa della Commissione e se non si troverà un consenso a 28 si parla già di mettere in piedi una cooperazione rafforzata (bastano 9 paesi per cominciare) dato che sulla materia fiscale la Ue procede all'unanimità.
Il piano di lungo termine
Per quanto riguarda il piano a più lungo termine la Commissione propone di consentire agli Stati membri di tassare gli utili generati sul proprio territorio, anche nel caso in cui una società non vi abbia una presenza fisica, come spesso avviene per queste società. Una piattaforma digitale sarà considerata una "presenza digitale" imponibile o una stabile organizzazione virtuale in uno Stato membro se soddisfa uno dei seguenti criteri: supera una soglia di 7 milioni di euro di ricavi annuali in uno Stato membro, ha più di 100mila utenti in uno Stato membro in un esercizio fiscale o ha oltre 3mila contratti commerciali per servizi digitali sono conclusi tra l'impresa e utenti aziendali in un esercizio fiscale.