E' tornata a salire la tensione interetnica nel Kosovo dopo l'operazione della Polizia locale, intervenuta per chiudere nel nord del Paese, a maggioranza serba, sei filiali della Cassa di Risparmio locale, una banca serba che continuava a pagare gli stipendi, le pensioni e i sussidi in dinari serbi. Il dinaro è una valuta che è stata messa al bando dalle autorità di Priština lo scorso febbraio. L'iniziativa ha scatenato condanna e proteste nella dirigenza serba a Belgrado. Il Dipartimento di Stato americano ha espresso il suo disappunto per quanto avvenuto, sostenendo che tale azione non è stata coordinata con i partner internazionali e che è suscettibile di fare aumentare le tensioni nel Paese. Dopo un periodo transitorio in cui Priština ha evitato sanzioni dando spazio all'informazione alla popolazione sul significato della misura restrittiva, da una settimana non tollera più violazioni alla regola, per cui l'euro è l'unica valuta valida in circolazione e per i trasgressori sono previste multe e sanzioni. L'operazione della Polizia kosovara, condotta in collaborazione con la Banca Centrale del Kosovo e la locale amministrazione fiscale sarebbe stata condotta con l'obiettivo di ristabilire l'ordine e la legalità. La Polizia ha fatto sapere di avere confiscato circa 1,6 milioni di euro, 74,7 milioni di dinari e molta altra valuta oltre alla documentazione ritenuta importante per dimostrare l'illegalità della banca serba. A più riprese la comunità internazionale ha invitato il Governo di Priština a sospendere l'applicazione della direttiva sul dinaro per dare tempo alla popolazione serba di adattarsi e consentire provvedimenti alternativi concordati, ma la dirigenza kosovara ha agito in modo diverso provocando dissapori nei rapporti con Bruxelles e Washington. Non ha dato inoltre alcun esito il processo negoziale che si tiene sotto egida dell'Unione Europea, e dopo sette giri di colloqui tra Belgrado e Priština nessuna soluzione di compromesso sulla questione del dinaro è in vista.
Franco de Stefani