"L’azione militare di Ankara in Siria mina seriamente la stabilità e la sicurezza dell’intera regione": la posizione dei ministri degli esteri europei, riuniti in Lussemburgo, è contenuta in un documento approvato all’unanimità, superando le prime perplessità del Regno Unito.
L’Europa ha dunque una posizione comune di condanna all’attacco della Turchia in territorio siriano, ma le reali implicazioni internazionali sembrano essere comunque limitate, e gli stati membri hanno comunque espresso posizioni differenti sulla crisi in Siria. Si va da una posizione attendista di Londra, a quella intransigente di Vienna che chiede l’interruzione immediata della procedura di adesione di Ankara all’Unione europea.
Anche lo stesso limite all’esportazione di armi verso la Turchia, deciso dai ministri degli esteri, rappresenta un impegno simbolico, ma dai risvolti pratici limitati, visto che Ankara non compra armi dall’Europa ma soprattutto da Stati Uniti e Russia.
A riguardo il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha annunciato che nelle prossime ore l'Italia varerà un decreto ministeriale per bloccare “l'export di armamenti verso la Turchia per tutto quello che riguarda il futuro dei prossimi contratti e dei prossimi impegni”.
Il tema sarà discusso anche dai capi di governo nel vertice di giovedì prossimo, che dovrà anche affrontare da una parte le minacce di Ankara, che ha ventilato di dare via libera all’ingresso in Europa di milioni di migranti se Bruxelles definisse l’intervento in Siria un’occupazione militare, dall’altra il delicato tema dei rapporti con gli Stati Uniti, accusati più o meno esplicitamente di aver agevolato l’azione di Ankara ritirando le truppe dalla Siria. L’Europa chiederà una riunione della coalizione internazionale che combatte contro lo Stato islamico, guidata dagli Stati uniti, per verificare come proseguire gli sforzi, ventilando se non un ritiro, perlomeno una riduzione dell’impegno dei governi europei su un capitolo caro invece a Washington.
I Ministri hanno anche annunciato sanzioni contro le perforazioni illegali da parte della Turchia al largo di Cipro, annunciando “misure restrittive nei confronti delle persone fisiche e giuridiche responsabili o coinvolte in attività perforazione di idrocarburi nel Mediterraneo orientale”.
In primo piano anche l’accordo sulla Brexit, che rimane possibile per i ministri degli esteri europei anche se in salita, soprattutto alla luce delle recenti dichiarazioni del premier britannico Boris Johnson che ha confermato l’uscita il 31 ottobre.
Alessandro Martegani