Netta affermazione dei "sì" in Irlanda al referendum per la liberalizzazione dell'aborto, in un voto che ha profondamente diviso il Paese. A confermare il risultato anche la dichiarazione del movimento anti-abortista che ha ammesso la sconfitta.
Come previsto la percentuale più alta di favorevoli si è registrata tra i votanti più giovani, nella fascia di età 18-24. Tra i tre milioni chiamati alle urne, l'affluenza è stata alta, fino al 70% in alcune località, e il "sì" ha registrato un dato del 75% a Dublino.
L'articolo 8 della Costituzione finora vietava alle donne la possibilità di abortire: non facevano eccezione neppure in casi estremi come lo stupro, l'incesto o le malformazioni del feto. L'aborto era consentito solo laddove fosse in pericolo la vita della donna, un'unica eccezione che deriva dal "Protection of Life During Pregnancy Act", una legge approvata solo nel 2013 in seguito all'ondata di pubblica indignazione per la morte nel 2012 di una donna incinta, alla quale era stato rifiutato un aborto. Chi vi ricorreva illegalmente rischiava 14 anni di carcere; venivano invece tollerate le interruzioni di gravidanza eseguite all'estero. Questo ha spinto migliaia di donne ogni anno a ricorrere a questa soluzione per aggirare il divieto. Per il premier Leo Varadkar, uno dei promotori del referendum, il risultato del voto metterà finalmente fine ai viaggi della disperazione di tante, troppe donne.
Tra tutti i Paesi dell'Europa, soltanto a Malta l'aborto è completamente illegale; e l'Irlanda è il secondo Paese con le maggiori restrizioni. Seguono Polonia e Finlandia, dove è permesso in caso di incesto o stupro.