Un colpo di coda della Brexit si abbatte anche sulla fiction, almeno stando alle voci sempre più insistenti che circolano a Bruxelles, riguardo la volontà di alcuni paesi, guidati dalla Francia ma fra cui figura anche l’Italia, di ridurre la presenza di film e serie tv di produzione britannica sulle piattaforme on demand come Amazon e Netflix.
Le serie britanniche sono fra le più amate in tutta Europa: saghe come Downton Abbey, sei stagioni, un lungometraggio più un altro in arrivo, Sherlock, quattro stagioni, o The Crown con altre quattro stagioni, per citarne solo alcune, sono diventate ormai dei classici, amate da milioni di spettatori in tutta Europa, una presenza che però, per i governi di alcuni paesi, sarebbe sproporzionata rispetto alle produzioni nazionali.
Il Regno Unito è ormai il più grande produttore europeo di programmi cinematografici e televisivi e, solo nel 2019-20, ha guadagnato 490 milioni di sterline dalla vendita di diritti internazionali a canali e piattaforme in Europa.
Uno strapotere che però i governi del continente intendono contrastare, non cercando di migliorare le proprie produzioni per diventare più competitivi, ma sfruttando la Brexit. L’idea è di bloccare la diffusione delle serie UK approfittando di una revisione delle cosiddette “quote UE”, per limitare l'influenza della Gran Bretagna su un mercato cresciuto moltissimo durante la pandemia.
In base alla direttiva europea in materia di servizi audiovisivi, almeno il 30 per cento dei titoli su piattaforme di video on demand come Netflix e Amazon deve essere destinato ai contenuti europei, di cui le prodizioni britanniche ora non fanno più parte, ma la Francia vorrebbe addirittura alzare la percentuale al 60 per cento, inserendo l'obbligo di destinare almeno il 15 per cento dei fatturati delle piattaforme alla creazione di opere europee, escludendo i prodotti d’oltremanica.
Alessandro Martegani