La Polonia nuovamente nella bufera a causa di una legge approvata questa settimana che restringe in modo drastico il diritto dei sopravvissuti alla Shoah e dei loro discendenti di richiedere la restituzione dei beni familiari che gli furono confiscati durante l'occupazione nazista e poi mai restituiti dopo il 1945 diventando proprietà del regime comunista.
La legge stabilisce infatti una prescrizione di 30 anni per ogni richiesta di restituzione o risarcimento e lascia in vigore le leggi postbelliche che escludevano ogni dovere di restituzione a vittime o sopravvissuti e loro discendenti, affidando ai singoli l'iniziativa di fare causa, senza offrire di fatto garanzie.
Una normativa che rientra in pieno nella linea ideologica dettata dall'attuale presidente del paese Andrzej Duda che sta appoggiando una riscrittura della storia di quel periodo volta a rappresentare i polacchi solo in chiave di vittime, eludendo qualsiasi tipo di loro responsabilità nelle persecuzioni naziste che portarono alla cancellazione di una della comunità ebraiche più numerose di Europa.
Aveva già fatto discutere in passato un'altra legge, ridimensionata dopo le pressioni internazionali, che prevedeva addirittura pene detentive per chi menzionava eventuali complicità polacche con i nazisti. Non mancano tra l'altro in questa nuova legge delle frasi in odore di antisemitismo, come quella che giustifica la sua promulgazione come un atto necessario per "difendere i polacchi da tentativi di frode".
Barbara Costamagna