Sanzioni sì, ma leggere e un periodo di moratoria fino al prossimo marzo, per capire se è ancora possibile la strada del compromesso. Queste le decisioni prese dall'Ue giovedì scorso nei confronti della Turchia del presidente Recep Tayyip Erdoğan.
A causare le nuove misure la disputa tra Turchia, Grecia e Cipro sullo sfruttamento delle significative riserve di idrocarburi scoperte negli ultimi anni nel Mediterraneo orientale, che hanno inasprito i toni nella regione, soprattutto dopo la decisione turca di procedere con le esplorazioni in quelle che Atene e Nicosia ritengono aree di proprio esclusivo interesse economico.
Come previsto, proprio Grecia e Cipro - con l'appoggio esplicito della Francia - spingevano per sanzioni più pesanti, mentre la Germania e un gruppo di altri paesi, Italia compresa, non hanno mai nascosto la preferenza per un approccio più moderato, con l'opzione di organizzare nel prossimo futuro una conferenza internazionale per bilanciare i diversi interessi e fissare chiaramente confini marittimi e zone d'interesse.
L'esito finale del summit UE è quindi prevedibilmente un compromesso: nonostante le proteste di Ankara, alcune sanzioni verranno applicate ad individui e compagnie impegnati nelle trivellazioni, ma non ad interi settori dell'economia turca, e nuove decisioni sono state rimandate a marzo, dopo che l'Unione avrà avuto tempo di consultarsi con la nuova amministrazione americana guidata da Joe Biden.
Proprio dagli Stati Uniti potrebbe però arrivare un inasprimento dei toni: secondo voci insistenti, gli USA si apprestano infatti a introdurre sanzioni antiturche a causa dell'acquisto da parte di Ankara del sistema anti-missile russo S-400.
Francesco Martino