320 mila metri quadri di superficie, un investimento di 100 milioni di euro, e la previsione di un aumento decisivo del traffico ferroviario fra l’Ungheria e il porto di Trieste. Sono le cifre dell’accordo firmato venerdì scorso a Trieste fra le società italiane Teseco e Seastock, e una società pubblica ungherese, che ha acquisito la zona “ex Aquila”, nell’area delle Noghere.
L’accordo, siglato alla presenza del ministro degli esteri ungherese Péter Szijjártó, del governatore del Friuli Venezia Giulia Massimiliano Fedriga e del ministro degli interni Matteo Salvini, e dal Presidente dell’Autorità Portuale Zeno D’Agostino, rappresenta un nuovo capitolo per l’area rilevata, e per l’intero scalo, che rafforza i rapporti già intensi con l’Ungheria.
"L’Italia è un paese amico e un alleato importante – ha detto Szijjártó -, il quinto investitore in Ungheria, con circa 700 aziende italiane che danno lavoro a 15 mila lavoratori: negli ultimi 3 anni lo scalo di Trieste è divenuto il punto di riferimento per i traffici con l’Ungheria, un ruolo destinato ad aumentare: “Noi facciamo in questo momento 28 treni dall'Ungheria alla settimana - ha detto il presidente dell’Autorità Portuale Zeno d’Agostino, al termine di un sopralluogo via mare con le autorità ungheresi -, e Szijjártó ci ha detto chiaramente che i traffici saranno come minimo raddoppiati.”
L’intesa rappresenta quindi un’opportunità di sviluppo per lo scalo e per la città, anche grazie al regime di porto franco, che comprende anche l’area rilevata dagli ungheresi.
“Intanto viene bonificato tutto - ha spiegato d’Agostino - e non è poco visto che lì c'è una situazione ambientale che ha bisogno di essere rigenerata visto quello che è stato il passato di quell'area. Diventerà un grande terminal dove ci sarà una grande attività dal punto di vista logistico e quindi della creazione di valore: non dobbiamo immaginarla solamente come una banchina, dove arriveranno navi, ma fondamentalmente come un'area immensa, dove gli ungheresi potranno trattare le loro merci sia in import sia in export”.
“L’area, di 60 mila metri quadri, - ha aggiunto - è stata una di quelle cinque aree in cui abbiamo trasferito il punto franco con l'emendamento Russo: in questo momento non è attivo, ma quell’area è già punto franco e chiaramente verrà esteso anche tutte le aree di proprietà”.
L’aumento di operatori, italiani ed esteri, nel porto di Trieste, dal recente accordo fino ai progetti di allargamento alle rotte dalla Cina, hanno però spinto sia l’Autorità Portuale, sia le istituzioni locali a ripensare al sistema della sicurezza degli appalti per evitare irregolarità e infiltrazioni mafiose. Poche ore dopo la sigla dell’accordo con l’Ungheria, lo stesso d’Agostino ha firmato, con Regione, Governo e Prefettura, anche un protocollo per applicare i meccanismi antimafia e anticorruzione, in parte già sperimentato a Milano con l’Expo 2015.
Comune e Autorità portuale si sono impegnati raccogliere e trasmettere alla Prefettura tutte le informazioni antimafia per appalti e concessioni superiori ai 400mila euro e subcontratti per importi superiori ai 20mila. Sarà creata anche una banca dati delle imprese e garantita la tracciabilità dei flussi finanziari, con la possibilità di recedere dai contratti se ci fossero sospetti d’infiltrazioni mafiose.
“L'accordo porta sviluppo nel nostro porto, in un’area fortemente inquinata – ha detto d’Agostino - e da questo punto di vista è un grande investimento che restituisce al porto una porzione importantissima, però dobbiamo pensare che tutti questi investimenti portano anche possibilità d’infiltrazioni. Abbiamo quindi accolto di buon grado questo protocollo perché riteniamo che dove c'è sviluppo ci siano anche grandi pericoli e grandi problemi. Questi sono filtri che a noi piacciono molto, perché quello di Trieste deve essere un porto in cui trova possibilità di sviluppo chi segue determinate regole, e lo scalo si differenzia rispetto ad altri proprio per questo. Penso – ha concluso - che questo diventerà un elemento di grande competitività del Porto di Trieste: il fatto che non vada ad inserirsi in determinati flussi, non vada ad inseguire determinate dinamiche o determinati business, ma sia invece un chiaro esempio di come devono funzionare le cose”.
Alessandro Martegani