Ilaria Garofolo e Donata Vianelli (Foto: Martegani)
Ilaria Garofolo e Donata Vianelli (Foto: Martegani)

Le elezioni si devono ancora svolgere ma c’è già una certezza: a succedere a Roberto di Lenarda alla guida dell’Università di Trieste sarà una donna.
Sono infatti Ilaria Garofolo (Ordinaria di Architettura Tecnica e Direttrice del dipartimento di Ingegneria e architettura), e Donata Vianelli (ordinaria di Economia e Gestione delle Imprese presso il Dipartimento di Scienze Economiche, Aziendali, Matematiche e Statistiche), le candidate a guidare per i prossimi sei anni l’Ateneo di Trieste.
Le due candidate, che affronteranno il voto, per la prima volta in modalità telematica, il prossimo 6 maggio (con un eventuale turno di ballottaggio il 13 maggio), hanno incontrato la stampa insieme, per presentarsi, e spiegare la propria visione della futura Università del Capoluogo Giuliano.
L’Università di Trieste cambia guida. Lei come immagina l’università del futuro? Quali sono, secondo lei, le esigenze, ma anche la sua visione dell’Ateneo?
“Io – spiega Ilaria Garofolo - me la immagino innanzitutto come un luogo di coesione, dove ci sia una visione condivisa, ma anche la capacità di sognare e di agire concretamente. Un terreno dove coltivare la conoscenza, ma anche il cambiamento — che può fare paura, certo — ma il nostro compito è creare le condizioni affinché i cambiamenti non vengano temuti, bensì forgiati”.

Il nostro compito è creare le condizioni affinché i cambiamenti non vengano temuti, bensì forgiati".

Ilaria Garofolo

“Dobbiamo costruire degli strumenti che permettano di affrontare le trasformazioni, le innovazioni che il mondo esterno si aspetta da un’istituzione come l’università. Dobbiamo essere un laboratorio creativo, un laboratorio di pensiero. Un luogo in grado di formare le risorse umane che guideranno la società, fornendo loro strumenti non solo per agire, ma anche per pensare.
Anche l’intelligenza artificiale, in futuro, dovrà nutrirsi di pensiero critico. Per questo dobbiamo essere in grado d’innovare, ma anche di coltivare la capacità di pensare.
Il rettore Di Lenarda, nel discorso inaugurale dell’anno accademico, ha messo in guardia contro il rischio delle università telematiche. Secondo lei sono un rischio o possono rappresentare un’opportunità?
“Intanto, l’università tradizionale — come la nostra — ha sicuramente bisogno di rinnovarsi nei modi in cui fa didattica, ma resta comunque profondamente diversa dalle università telematiche, perché utilizzare strumenti digitali nella didattica non significa affatto diventare telematici”.

Foto: Martegani
Foto: Martegani

“Le università telematiche hanno un loro bacino d’utenza, noi ne abbiamo un altro, e il fatto che i nostri numeri siano in crescita, nonostante la diffusione delle telematiche, dimostra che l’Università di Trieste è ancora attrattiva, e dobbiamo rafforzare tutti quegli elementi che ci permettono di restare attrattivi: dalla varietà e ricchezza dell’offerta formativa, al prestigio di chi insegna e fa ricerca, alla capacità di coinvolgere attivamente gli studenti”.
“Gli studenti non sono clienti. Devono essere parte attiva della vita universitaria, consapevoli e responsabili, coinvolti nella produzione di idee. Questo può avvenire anche attraverso la partecipazione a iniziative di terza missione, fondamentali per formare cittadini del futuro”.
“Una didattica rinnovata, un ambiente dove si può studiare, socializzare, sentirsi seguiti e valorizzati... secondo me, è questo che fa davvero la differenza”.

Foto: Martegani
Foto: Martegani

Anche a Donata Vianelli abbiamo chiesto come s’immagina l’Università di Trieste nei prossimi anni? Qual è la sua visione?
“L’Università di Trieste - spiega – negli ultimi anni, ha fatto moltissimo grazie all’attuale governance. Penso che il ruolo del prossimo rettore sarà proprio quello di mantenere e far crescere quanto costruito finora. La nostra è un’università ricchissima di eccellenze, sia nella ricerca che nei rapporti internazionali. Molto è stato fatto, ma altrettanto può essere ancora migliorato nei prossimi anni”.
“Quello che immagino è un rafforzamento generale dell’Ateneo, puntando su una maggiore internazionalizzazione. Per la mia esperienza e per il mio background, ho molte relazioni con il territorio: credo quindi sia fondamentale lavorare in sinergia con il contesto locale, regionale, nazionale, ma anche internazionale. Bisogna spingere molto sulla globalizzazione”.
“Occorre inoltre implementare una transizione digitale, necessaria per rendere più fluidi i processi, riorganizzare e innovare trasversalmente l’università, sia nella ricerca che nella didattica e nelle procedure amministrative, che in Italia sono spesso appesantite dalla burocrazia”.

Credo molto nella forza delle persone: in tempi che non saranno facili, perché il futuro non appare particolarmente roseo, è fondamentale rafforzare la comunità".

Donata Vianelli

“Intendo lavorare anche sulla sostenibilità — non solo ambientale, ma anche sociale — e credo molto nella forza delle persone: in tempi che non saranno facili, perché il futuro non appare particolarmente roseo, è fondamentale rafforzare la comunità. Parliamo di studenti e studentesse, del personale tecnico-amministrativo — vera colonna dell’organizzazione — e di tutta la comunità docente. In questi mesi di ascolto e dialogo ho percepito che la vera ricchezza è proprio nelle persone”.
Il rettore Di Lenarda nell’ultimo anno accademico ha messo in guardia contro il fenomeno delle università digitali. Secondo lei, si tratta di un’opportunità o di un rischio?
“È chiaramente un rischio, e lo vediamo già ora con alcune decisioni prese a livello nazionale, anche per quanto riguarda la distribuzione delle risorse. Quindi sì, è un problema reale. Credo però che ciò che dobbiamo fare sia mantenere alta la soglia della qualità: non dobbiamo competere al ribasso con le università telematiche. Allo stesso tempo, dobbiamo innovarci. Fare didattica innovativa significa anche proporre corsi online, ma questo non vuol dire diventare un’università telematica. Significa offrire corsi online di altissima qualità, anche in inglese e di respiro internazionale, integrando la componente digitale con esperienze in presenza, come attività laboratoriali ed esperienziali sul campo”.
“Certo, il rischio esiste — inutile nasconderlo — ma può diventare una grande opportunità per fare scelte innovative”.

Alessandro Martegani