Foto: Radio Capodistria/Fifaco
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Vari gli aspetti analizzati nel libro intitolato "Il Bilinguismo" di Andrea Marini, Professore Ordinario di Psicologia Generale all’Università di Udine dove insegna Psicologia del Linguaggio e Neuroscienze Cognitive e Sociali e dirige il Language Lab dedicata allo studio dei correlati cognitivi e neurali del linguaggio.

Dunque, essere bilingui aiuta lo sviluppo cognitivo?

"Sì, l'essere esposti a più lingue nel bambino, implica che quel bambino deve imparare a gestire non una, ma due lingue contemporaneamente. Il che, sembra un problema, in realtà non lo è, perché noi sappiamo che nel cervello dei bilingui, in modo molto efficiente, si sviluppano abilità che gli permettono di monitorare le lingue in uso, inibire quelle che non servono e concentrarsi su quello che si vuole raccontare. Sono abilità fondamentali per la comunicazione, che il bilingue riesce a gestire in modo implicito, in modo esemplare, prestissimo nel suo sviluppo".

Si è scoperto che nei bambini bilingui il lessico può essere leggermente ridotto, ma in realtà è molto più ampio il lessico concettuale. Cosa significa?

"Significa che ogni lingua ritaglia il mondo reale con etichette un pochino differenti. Le faccio un esempio. Prendiamo i colori che è facile da capire. Se io parlo una lingua in cui si distingue tra rosso, arancione e marrone, se io vedo delle persone che fanno un compito, fanno qualcosa, un gioco e una di queste persone col maglione arancione rompe una finestra e scappa, nei miei ricordi, quella persona col maglione arancione verrà immagazzinata a lungo termine. D'altro canto, se io uso una lingua, in cui invece questa distinzione non c'è e magari ho soltanto la distinzione rosso da una parte, marrone dall'altra, che cosa può succedere? Può succedere che io potrei ricordare che quella persona aveva un maglione rosso o marrone, ma non arancione, perché non ho nella mia lingua l'etichetta per organizzare quell'informazione. Questo cosa vuol dire? Che lingue diverse, appunto, ritagliando il mondo in modi diversi, permettono al bilingue di avere più concetti a cui fa riferimento, con questa o con quella lingua. I monolingui invece hanno una sola lingua e quindi hanno un solo modo per rappresentare questi concetti".

Non solo nei bambini, essere bilingue aiuta comunque lo sviluppo cognitivo anche in età adulta e, se ho ben capito, è anche un modo per prevenire problematiche neurodegenerative.

"Esattamente. Chi usa costantemente almeno due lingue nel corso della sua vita, per il fatto che le lingue, come dicevo poco fa, sono sempre attive nella sua testa, utilizza molte più reti neurali del normale per eseguire questi compiti linguistici. Questo determina, fa in modo, che con l'invecchiamento e con l'invecchiamento che porta a un decadimento fisiologico o a volte patologico, come nelle demenze, la sintomatologia legata alla perdita di questa abilità può comparire molto più tardi nel tempo. Perché? Perché essendoci più ridondanza, ci sono più reti neurali che si devono rompere e quindi si va più in là nel tempo, prima di avere il sintomo".

Vorrei chiudere con una domanda che è quasi una battuta: le comunità bilingui, quindi, da un punto di vista intellettivo, sono più dotate?

"Più che più dotate, sono molto fortunate!".

Davide Fifaco

Foto: Radio Capodistria/Fifaco
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