La visita a Lubiana del ministro degli esteri italiano Luigi di Maio non ha ottenuto certezze sull’auspicata riapertura dei confini chiesta soprattutto in Friuli Venezia Giulia, ma non sono solo le vicende legate all’epidemia di Covid 19 ad attirare critiche sul responsabile della Farnesina.
Le organizzazioni degli esuli hanno infatti attaccato il ministro, accusandolo di aver ignorato questioni ancora aperte nel corso del confronto con il governo di Lubiana.
Già alla vigilia dell’arrivo in Slovenia, l’Unione degli istriani aveva sottolineato come non ci fosse stato un confronto preventivo con gli esuli, come invece avvenuto con la comunità slovena in Italia, consultata su temi come la cerimonia per la restituzione del Narodni Dom e l’istituzione della “Giornata della Liberazione della Città di Trieste dall’occupazione jugoslava”, fissata il 12 giugno.
Dopo l’esito degli incontri, Renzo Codarin, presidente dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, si è detto “sconcertato dalla mancata attenzione prestata nei confronti delle questioni ancora aperte riguardanti gli esuli istriani da parte del ministro Di Maio”, che, ha aggiunto, “non ha tenuto in minima considerazione il problema dei beni abbandonati dagli esuli in territorio oggi sloveno”.
Codarin ha chiesto che una delegazione delle associazioni degli esuli istriani, fiumani e dalmati possa incontrare il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, e che “non vengano per l’ennesima volta trascurate le richieste degli esuli e dei loro discendenti, che chiedono giustizia a oltre settant’anni dalla firma del Trattato di pace”, riavviando “la collaborazione con il Governo affinché si addivenga finalmente a una soluzione”.
L’intervento di Codarin ha però provocato la reazione dell’Unione degli istriani, che ha accusato l’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia di “antico servilismo ai partiti ed ai governi”, ricordando che il Presidente dell’Unione, Massimiliano Lacota, fu l’unico dirigente degli esuli a non partecipare 10 anni fa, in occasione dei 90 anni dell’incendio del Narodni Dom, al Concerto dei Tre Presidenti, “protestando – dice l’organizzazione - per la farsa che si stava celebrando, con la connivenza dei servili sodalizi degli esuli”.
Una posizione molto critica sull’impostazione della visita di Di Maio è giunta anche dal Sentore di Forza Italia Maurizio Gasparri, che ha accusato di “servilismo” il ministro degli esteri. “La mancata convocazione di una delegazione dei nostri esuli all’incontro diplomatico con il Capo dello Stato sloveno”, è inconcepibile e inaccettabile” ha detto Gasparri.
“Le ragioni dei nostri esuli sono state totalmente dimenticate da parte del Ministro Di Maio, un fatto gravissimo che rappresenta uno sfregio ulteriore al martirio delle foibe” e una “totale mancanza di sensibilità da parte di un Ministro incapace di gestire la politica estera e i nostri interessi nazionali e certamente ignaro della storia patria”. “A nulla è servita la dichiarazione dopo l’incontro diplomatico, circa la riapertura (scontata) a partire dal 15 giugno delle frontiere tra Italia e Slovenia”, ha concluso il vicepresidente del Senato.
Non sono solo le vicende degli esuli ad attirare sul ministro critiche e attacchi: sia l’europarlamentare della Lega Marco Dreosto, sia i quattro coordinatori provinciali di Fratelli d’Italia in Friuli Venezia Giulia, Claudio Giacomelli, Francesca Tubetti, Emanuele Loperfido e Gianni Candotto, hanno sottolineato come non sia stato nemmeno toccato il tema della ripresa della “rotta balcanica”
“Pare incredibile” dicono gli esponenti di Fratelli d’Italia, “che il rappresentante del governo italiano non abbia avuto la forza, o non abbia voluto mettere in agenda la questione della rotta balcanica, che porta centinaia di clandestini ogni giorno nel territorio del Friuli Venezia Giulia, con il rischio che le città tornino a vedere le proprie piazze diventare dormitori a cielo aperto”, e “vanificando “i sacrifici della popolazione residente in materia sanitaria”.
Francesco Clun, responsabile a Trieste di CasaPound Italia, ha invece accusato il ministro di aver chiuso “un accordo che difende unicamente gli interessi nazionali della Slovenia”.
Alessandro Martegani