Preservare l'identità della comunità italiana in Slovenia e Croazia favorendo il ritorno, perlomeno culturale. Da questa esigenza parte il ragionamento di Ezio Giuricin, giornalista e intellettuale della comunità italiana, che, nella sede di Trieste dell'Associazione delle comunità istriane, ha affrontato il tema dei "Presupposti del ritorno culturale in Istria, Fiume e Dalmazia per le seconde e terze generazioni degli esuli".
La lacerazione determinata dai fatti del dopoguerra e dall'esodo - ha detto Giuricin - che hanno determinato quella che Raul Pupo ha definito una 'catastrofe dell'italianità' in queste terre, può essere affrontata con il dialogo fra esuli e rimasti, ma soprattutto con un ritorno, fisico e culturale, delle nuove generazioni degli esuli nelle terre di origine.
Si tratta, ha spiegato, di salvare una cultura: un progetto ambizioso, difficile da concretizzare, e che necessita di volontà politica, da attuare necessariamente in ambito europeo. Sono necessarie politiche mirate per favorire il ritorno: le norme attuali già lo consentono, ma le politiche mancano.
"Il progetto di un possibile ritorno, un ritorno culturale a questo punto - spiega Giuricin - è uno degli aspetti del salvataggio di una cultura che rischia altrimenti di scomparire. Ho cercato di focalizzare alcuni elementi su questo discorso del ritorno culturale, perché mi sembra sia molto importante. È un elemento dal quale può dipendere il futuro e la continuità della presenza della componente italiana nell'Adriatico orientale, sia per quanto riguarda i rimasti, la minoranza, sia per quanto riguarda il più ampio contesto degli esuli sparsi nel mondo".
L'Europa è stata una grande speranza per la ricomposizione della comunità italiana: una speranza che si è concretizzata?
"L'allargamento europeo è stata una prospettiva che abbiamo nutrito e coltivato, e continua a rimanere una grande speranza: tuttavia è un processo lento, molto complesso, alle volte trova anche dei punti d'intoppo e ritardi inconcepibili e inammissibili. La cornice europea rimane in ogni caso l'unica prospettiva nell'ambito della quale queste fratture, queste lacerazioni, queste ferite, possono essere sanate. L'allargamento del processo d'integrazione europea non procede con la velocità e con i contenuti che auspichiamo, è troppo lenta, rappresenta troppe contraddizioni, ma per queste nostre zone di confine rappresenta l'unico punto di riferimento per cercare di guardare al futuro, e puntare alla salvaguardia queste culture e di questo multiculturalismo, e della pluralità culturale presente in questi territori."
Quest'anno il Giorno del Ricordo è stato segnato da nuove polemiche: si è ritornati a discutere sui dati e sui fatti anziché sulle valutazioni storiche e politiche della storia del dopoguerra…
"Penso sia stata di nuovo una grande occasione perduta quella di non sfruttare questi momenti, come il Giorno del Ricordo, per fare una riflessione collettiva sulla storia di queste terre, una storia anche amara e tragica, molto, molto complessa, e per cercare di ricostruire i tratti di una riconciliazione, di un dialogo che porti questa realtà territoriale a un ulteriore sviluppo. Forse il fervore di voler agire all'interno di quella che è una campagna elettorale permanente, fa dimenticare alle persone quanto invece sia importante affrontare questi argomenti con grande serietà e con grande responsabilità, perché sono argomenti da cui dipende il destino di tutti".
Alla luce di come si è sviluppato il confronto in questi anni, è ottimista su un ritorno, e un riavvicinamento fra rimasti e esuli?
"C'è il pessimismo della ragione e l'ottimismo della volontà, rispondo così".


Alessandro Martegani


Foto: MMC RTV SLO
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