Incontri e iniziative nei quattro capoluoghi del Friuli Venezia Giulia, e poi la parata finale a Trieste l'8 giugno, per difendere i diritti della comunità lgbt, ma anche i diritti di tutti.
Le associazioni Arcigay Arcobaleno Trieste/Gorizia, Arcigay Friuli, Lune - Alfi, e Associazione Universitaria Iris, hanno confermato l'organizzazione dell'FVG Pride, la manifestazione dell'orgoglio della comunità lgbt, nel capoluogo giuliano.
Sarà, hanno detto, un'occasione per affermare il tema della difesa dei diritti della comunità lgbt, di nuovo sotto attacco negli ultimi anni. "Noi come comunità lgbt partiamo ovviamente dalle nostre istanze - ha spiegato Nacho Quintana Vergara, Presidente Arcigay Friuli - ma con il nostro attivismo e con nostra la lotta civile ci siamo resi conto che abbiamo molti punti in comune con gli altri movimenti per il riconoscimento dei diritti civili. Vogliamo le stesse cose, pari diritti e pari dignità per tutte le persone. Il Pride deve assolutamente essere così: non possiamo sostenere una parità per le persone lgbt e non per le donne in generale, incluse anche quelle lgbt, per le persone diversamente abili o le persone discriminate o per i migranti".
Il Pride da questo punto di vista viene presentato come un'occasione di confronto, di affermazione di diritti, ma anche come una festa. "Storicamente - spiega Quintana Vergara - la comunità lgbt viveva tutto questo di nascosto, e quando non lo viveva di nascosto doveva rinunciare a un contesto familiare, a un contesto lavorativo. Gli lgbt vivevano nella marginalità e una maniera di sopravvivere a questa marginalità era proprio l'allegria, la festa, dare un tocco di colore a una vita che aveva già troppi pensieri. Questo ora è passato, ora possiamo lottare, ma di sicuro nessuno ci potrà vietare anche essere felici. Festeggiare nelle strade è una cosa che non abbiamo potuto fare per tanto tempo, per la paura di essere aggrediti, per la paura a essere arrestati: ricordo che in 70 paesi l'omosessualità è ancora illegale, perciò il fatto di poter essere felici alla luce del giorno non è scontato per le persone lgbt, e questa manifestazione non è solo un'occasione di protesta, ma anche un'occasione per essere liberi".
Antonella Nicosia, Presidente Arcigay Arcobaleno di Trieste e Gorizia, ha sottolineato anche come la parata del Pride non debba essere liquidata come una carnevalata, ma abbia significati precisi: "Siamo abituati a leggere i titoli dei giornali e non a leggere l'articolo: tutto in realtà ha un significato. I fischietti ad esempio venivano usati fin dall'epoca di StoneWall (i primi moti per i diritti dei gay e delle lesbiche, di cui quest'anno ricorre il cinquantenario n.d.r.) dalla polizia, e anche per avvisare che stava arrivando per fare le retate. I vestiti colorati che ci caratterizzano, manifestano la volontà di non essere cancellati: ci vogliono normalizzare, vogliono renderci invisibili e per protesta noi ci vestiamo in maniera sgargiante. Stesso discorso per le presunte nudità: ognuno di noi ha un suo modo per mettersi a nudo, in modo fisico, verbale, ma non c'è assolutamente nulla di male. Se ognuno di noi avesse la bontà d'animo di approfondire un argomento prima di esprimere un'opinione, staremo tutti quanti molto meglio."
La scelta di Trieste per la parata finale non è casuale: nel corso della presentazione i rappresentanti delle associazioni hanno sottolineato iniziative come la fine dei programmi sulla parità di genere, l'indisponibilità della sala matrimoni a Trieste, l'uscita della regione dalla rete Ready, fino alle polemiche sulla locandina della Barcolana, e sulla mostra "Razzismo in Cattedra". Atti che, per Antonella Nicosia, dimostrano che il Pride è necessario. "C'è stato un cambiamento politico a livello regionale, - dice - tutta una serie di azioni che hanno intrapreso, mirate a limitare sempre più i piccoli passi e i diritti che avevamo conquistato in questi anni".
Il comune di Trieste ha già anticipato di non voler concedere il patrocinio, ma, aggiunge, "questo non ci preoccupa: non gli daremo questa soddisfazione, e non glielo chiederemo. Non dare il patrocinio, in fondo, è un loro diritto."
Alessandro Martegani