Nonostante la situazione nel carcere di Trieste sia tornata sotto controllo, i problemi della struttura e in generale del sistema carcerario italiano sono ancora tutti sul tavolo, e al momento non ci sono né soluzioni concrete né un progetto all’orizzonte per rendere perlomeno accettabile la vita all’interno degli istituti penitenziari della penisola.
La gravità della situazione è stata confermata, dopo la rivolta di Trieste, anche da Enrico Sbriglia, per circa venti anni direttore del carcere del Coroneo, che ha invitato a dare il via a un profondo cambiamento della gestione delle carceri dove, ha detto, “uomini e donne vengono assaliti dalle cimici, dove la temperatura ti strangola, ti manca l'ossigeno, l'aria, dove dormi per terra”. Sbriglia ha anche messo in guardia contro il rischio che nel disagio le carceri diventino terreno fertile per reclutare terroristi: “Quando un sistema penitenziario comincia a fare acqua da tutte le parti – ha spiegato - favorisce il formarsi di una logica anti istituzionale contro il sistema, di tipo terroristico”.
Sul tema ci sono stati molti interventi da parte di esponenti politici e nei giorni scorsi anche la Garante dei diritti dei detenuti del Comune di Trieste, Elisabetta Burla, ha ricordato le condizioni di detenzione nella casa circondariale di Trieste: a fronte di 139 posti regolamentari, nel carcere vivono 260 persone, sistemate con “materassi a terra, in una sezione in otto metri quadri vivono due persone con wc a vista, caldo rovente, spazi limitatissimi, infestazioni di cimici da letto, poche le attività”. Burla ha anche segnalato le carenze di organico fra la polizia penitenziaria e i magistrati di sorveglianza, e ribadito come, nonostante la situazione fosse nota, in Italia non ci siano stati passi in avanti per affrontare la situazione e prendersi cura dei detenuti.
Anche gli avvocati rappresentanti delle camere penali del Friuli Venezia Giulia in una nota hanno definito le carceri italiane “una polveriera sociale, un luogo invivibile per i detenuti e per tutti coloro che vi lavorano, dove la dignità dell'essere umano è annichilita e l'inaccettabile diventa normalità".
Questa settimana sarà disposta l'autopsia sul cadavere dell’uomo di 48 anni trovato morto nel carcere del Coroneo il giorno dopo la rivolta: una delle ipotesi è quella dell'overdose da metadone dopo il furto di sostanze dall'infermeria.
La serie di morti nelle carceri italiane, intanto, non si ferma: un uomo di 37 anni, originario di San Donà di Piave, è stato trovato impiccato con il lenzuolo nella sua cella. Dall’inizio dell’anno sono stati 56 i morti suicidi nelle carceri italiane, a cui si aggiungono sei appartenenti alla Polizia penitenziaria che si sono tolti la vita.