Tra i prodotti tipici friulani, all'ultima edizione della kermesse culinaria “Gusti di frontiera” qualcuno avrebbe notato sui banchetti dello stand del FVG due ospiti inaspettati e per molti visitatori indigesti. Tra le ribolle tipiche e i superalcolici “made in FVG”, infatti, pare fossero esposti anche l’ "Amaro del duce” e le “Bollicine del duce”, con tanto di brand “nostalgico” ad attirare l'occhio del consumatore.
“Un fatto grave” secondo il dem Diego Moretti che sulle colonne del “Messaggero veneto” ha attaccato l’iniziativa, tanto più che portata avanti sotto l’egida di “importanti loghi istituzionali del territorio”.
La denuncia arriva a pochi giorni dalla missione istituzionale negli Stati Uniti dell’assessore alle attività produttive Sergio Bini, che lo vedrà impegnato in una settimana di incontri, visite, seminari e degustazioni per promuovere il “made in Friuli Venezia Giulia”. La domanda che alcuni si pongono ora e se tra i vari prodotti del FVG in terra americana, compariranno anche le bottiglie don l’etichetta di Mussolini.
Il Pd ha chiesto delucidazioni al presidente del FVG Massimiliano Fedriga, invitandolo a “prendere le distanze da queste provocazioni” che nulla a che fare hanno secondo loro con il territorio.
La messa sul mercato dell' “Amaro del duce”, d’altronde, era stata ampiamente annunciata. In estate Ferdinando Polegato, ristoratore di Sequals e il produttore vinicolo Andrea Lunardelli avevano comunicato la prossima produzione di circa un milione di bottiglie con l’effige del Duce che sarebbero state affidate alla distilleria De Mezzo, in provincia di Udine. Nonostante le proteste dell’Anpi il progetto dei due produttori è andato avanti giungendo infine sui banchetti della kermesse goriziana.
In passato casi simili arrivarono fino al Parlamento italiano, e quindi vedremo se anche "L’amaro del Duce” sarà sottoposto allo stesso iter o se continuerà la sua promozione anche oltre oceano dove tra frico e salumi tipici friulani le bottiglie dal gusto “neo fascista” potrebbero fare bella mostra di sé.
Barbara Costamagna