I vantaggi sono tutti da verificare, mentre di certo la legge sull’autonomia differenziata creerà danni a tutte le regioni, e non solo a quelle con minori risorse, e frammenterà settori importanti, come quello dell’istruzione, della sanità e del mercato del lavoro.
Mentre procede la raccolta delle firme per il referendum abrogativo contro la legge sull’autonomia differenziata, bandiera politica della Lega (con l’obiettivo di raggiugere il milione di firme nonostante ne bastino 500 mila), la Cgil di Trieste ha organizzato un momento di confronto a Prosecco, con gli interventi, fra gli altri, del presidente del Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte, e dell’ex parlamentare e sottosegretario Stefano Fassina.
Il giudizio negativo sul provvedimento è stato netto e unanime: l’autonomia differenziata potenzialmente potrebbe affidare alle amministrazioni i regionali 23 materie e fino 500 funzioni, e rischia di compromettere l’unità nazionale lanciando il Paese in un’avventura senza ritorno. “Sostanzialmente – spiega Massimo Marega, segretario generale della Cgil di Trieste: – si tratta di una legge sbagliata, e ci stiamo impegnando, assieme a tante altre associazioni, assieme alla Uil e anche ai partiti di centro-sinistra, e raccogliere le firme per cancellare con un referendum un provvedimento sbagliato, che divide il paese e che non sarà utile all'Italia. C'è il rischio che su tutta una serie di materie che potranno essere assegnate alle Regioni si parli di piccole patrie e di piccole gestioni, rispetto a un mondo che è globale, senza rispondere alle esigenze dei cittadini”.
Marega ha anche sottolineato la necessità di informare la popolazione su un tema che spesso risulta complesso e di non facile comprensione: “Iniziative come questa puntano proprio a spiegare quali siano i rischi dell'autonomia differenziata. Sarebbe bello che chi propone l'autonomia differenziata spiegasse invece quali sarebbero, dal loro punto di vista, i benefici”.
Nel corso degli interventi sono stati sottolineati ad esempio i possibili effetti sul mercato del lavoro, con contrattazioni regionali anziché nazionali, che potrebbero avviare una sorta di “dumping sociale”, ma anche difficoltà per le aziende, a causa di regole e burocrazie differenti fra regione e regione. Anche delegare la gestione di scuola e programmi alle regioni frammenterà la cultura nazionale. Le regioni possono chiedere perfino competenze nella ricerca scientifica, e il rischio, ventilato nel corso dei lavori, è quello di avere dei sistemi regionali diversi fra loro, con difficoltà poi ad accedere ai sistemi scolastici delle altre regioni, e di vedere abbandonata la ricerca pura che non ha immediata applicazione industriale”.
“A fronte di vantaggi tutti da verificare – ha detto Matteo Slataper della FLC Cgil - ci sono dei rischi concreti di far saltare il patto di solidarietà che regge ogni società civile”.
Durissimo anche Stefano Fassina che ha sottolineato come “l’autonomia differenziata provocherà effetti negativi per tutti, anche per le economie più forti” (perché la crisi delle regioni più deboli coinvolgerà tutto il Paese), “così come differenti condizioni di lavoro fra nord e sud”. “Chi si oppone alla legge Calderoli – ha aggiunto - non è un centralista”, ma solo qualcuno che vuole evitare un disastro sociale e la frammentazione del paese.
“C’è un rischio – ha concluso - di andare verso il secessionismo”, e anche da punto di vista economico ci sono grossi rischi perché, ad esempio, “nessuna regione ha la forza economica per sostenere grandi scelte strategiche e grandi investimenti”.
Determinato a fermare il provvedimento anche il leader del Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte, che in collegamento da Roma ha sottolineato come non esista in Europa, nemmeno in Germania o Spagna, un modello di autonomia così spinto. “Questo provvedimento in prospettiva acuirà la debolezza del paese – ha detto -: ci sono delle materie che sarà impossibile gestire e sarà impossibile rispettare l’unitarietà dello Stato”.
“Il rischio è di avere una sanità diseguale da regione a regione, e ci saranno burocrazie diverse per gli imprenditori e commercianti, con maggiori costi e difficoltà”.
Poca fiducia anche nei LEP (i livelli essenziali delle prestazioni che dovrebbero assicurare parità di trattamento per tutti i cittadini) che, ha detto “sono una grande fandonia: serviranno 100 miliardi per finanziarli, e nessuno nel governo sa dove andare a prendere queste risorse”.
Conte ha poi contestato anche la procedura di delega di funzioni alle regioni: “Questo progetto è stato astutamente costruito per evitare ogni passaggio parlamentare: il Parlamento può dire solo sì o no alle intese fra Stato e regioni, e difficilmente la maggioranza, anche se non fosse d’accordo, potrà intervenire, perché voterebbe contro il governo”.
Alessandro Martegani