Mentre continuano a salire le adesioni alla mozione on line contraria alla posa della statua di d’Annunzio (in giornata sono state superate le 2 mila sottoscrizioni) non cessano le prese di posizione sull’iniziativa del comune di Trieste, che ha deciso d’installare la statua del poeta a 100 anni dall’impresa di Fiume.
Dopo la replica del Sindaco di Trieste Roberto Dipiazza è giunta la presa di posizione del consigliere regionale della Slovenska skupnost Igor Gabrovec, che ha presentato un’interrogazione urgente in cui definisce l’impresa di Fiume “un atto ostile, finalizzato ad occupare la città di Rijeka/Fiume e la sua annessione al Regno d’Italia” e afferma che “i metodi introdotti durante l’occupazione sono gli stessi che hanno tragicamente contraddistinto il regime fascista nei due decenni di dittatura nei confronti di “non italiani” ed oppositori politici”.
Queste celebrazioni, afferma Gabrovec, “distano molto da quello che è stato lo spirito del concerto di Muti in piazza Unità nel 2010 a cui hanno presenziato i tre capi di Stato italiano, sloveno e croato e certamente non gioveranno nel rapporto tra i popoli, le lingue e le culture né a Trieste, dove da secoli convivono le diverse comunità linguistiche, né a Rijeka/Fiume, dove si stanno recentemente facendo importanti passi avanti nel campo dei diritti alla minoranza autoctona italiana."
Di opinione opposta l’ex parlamentare di An Roberto Menia, fra l’altro chiamato in causa direttamente dalla petizione, che ipotizzava che la statua devesse essere collocata in Piazza della Borsa a Trieste in omaggio alla sua abitazione. “Sono cose che da una parte mi fanno sorridere, anche si si tratta di una violazione della mia privacy, – dice Menia - dall'altra dico che questa vicenda squalifica proprio la cosiddetta petizione, che ha un tono da centro sociale, e tra l'altro è piena d’imprecisioni storiche.
“Replicando nel merito – aggiunge – voglio solo segnalare che è assai difficile raccontare che D'Annunzio nulla abbia a che fare con Trieste: il dannunzianesimo, e tutto il movimento culturale dell'irredentismo adriatico, ha stretti legami con la città. D'Annunzio che vola su Trieste è stato celebrato anche da una famosa immagine della Domenica del Corriere, che lo ritrae mentre lancia volantini su Trieste, città che sarà liberata dalla santa madre Italia. Sono cose che fanno parte della nostra storia, e che in una rilettura corretta della storia nazionale ci stanno pienamente.”
“Trovo questa polemica fuori tempo, sbagliata, e piena d’imprecisioni – continua Menia -: anche la citazione di D'Annunzio che se la prende con i croati è fatta con i toni di quello spezzone del ‘900, e si riferiva allo scalpellamento da parte dei croati dei Leoni di San Marco a Traù, nelle isole dalmate e nelle località dove storicamente era presente il Leone di San Marco a simboleggiare la venezianità e quell’italianità. Anche quella era, pur con i toni da poeta ardito, una polemica che si riferiva a un fatto reale, quindi anche in questo caso le polemiche mi sembrano fuori luogo, a meno che non si sia d'accordo sul fatto che i croati avessero ragione a scalpellare il Leone San Marco.”
Menia poi ridimensiona anche l’identificazione di D’Annunzio come un uomo di destra o con il fascismo: “Non possiamo riferire le nostre categorie a D'Annunzio. Potrebbe essere utile, anche per i promotori della petizione, andare a sentire, quando ci sarà l'apertura della mostra intitolata non a caso “Disobbedisco”, il curatore Giordano Bruno Guerri, che spiegherà come sia molto difficile dipingere D'Annunzio come uomo di destra o di sinistra, come pure un fascista.”
“È noto che il fascismo di Mussolini derubò D'Annunzio di una serie di cose da lui lanciate, come il famoso eia eia alalà per esempio, trasformato in un motto fascista e di cui in realtà era piuttosto geloso. È noto il suo rapporto burrascoso con Mussolini, che lo andò a trovare più volte, i dispetti che si faranno, così come è noto un altro aneddoto Mussolini saluta D’Annunzio definendolo “Alato Fante” e lui risponde “Ave Lesto – Fante”. Sono tutte cose che bisogna conoscere e studiare, non si possono banalizzare in questo modo, soprattutto per farne una polemica politica totalmente fuori tempo, con toni esasperati, sbagliati, da centri sociali”.
Dal mondo della cultura giungono appoggi alla giunta comunale. È il caso di Claudio Magris, che sul Corriere della sera, ripercorrendo la vita di D’Annunzio, lo definisce un “grande poeta”. “L’impresa di Fiume - spiega Magris - è ben più complessa della faciloneria con cui la si giudica”. “La fondamentale componente nazionalista è indiscutibile, ma a Fiume D’Annunzio, durante la sua «Reggenza del Carnaro», aprì scuole italiane, croate, ungheresi, rispettando e anzi valorizzando il carattere plurimo della città, e reintrodusse il divorzio”. “La Carta del Carnaro scritta da Alceste De Ambris introdusse notevoli tutele del lavoro e dei lavoratori - aggiunge - il vice di D’Annunzio a Fiume, Ercole Miani, sarebbe divenuto un leader della Resistenza, orrendamente torturato dai fascisti di Villa Triste a Trieste durante l’occupazione tedesca, senza dire una parola”.
Anche Marino Micich, Direttore dell’Archivio del Museo storico di Fiume a Roma, definisce le argomentazioni della petizione “molto deboli se non inesistenti”.
“D’Annunzio - dice - durante la Prima guerra mondiale rischiò più volte la vita volando nel cielo di Trieste per inviare, messaggi di speranza e incitamento ai triestini italiani in attesa della Redenzione. Assieme a D’Annunzio sognavano l’Italia e lottarono per la redenzione gli Slataper, Stuparich, i Venezian, Reiss Romoli e tanti altri”. “Che si voglia o no D’Annunzio è un “patrimonio culturale” di valore mondiale”, e “Studiare D’Annunzio con una mostra e anche ricordarlo con una statua - conclude - trovo sia un atto molto appropriato e di grande sensibilità culturale”.
Alessandro Martegani