“Non credo più in una forma di rappresentanza parlamentare, ma nella democrazia diretta attraverso i referendum”. Anche Beppe Grillo ha seguito la linea di Luigi di Maio che, a scrutinio in corso, aveva puntato tutto sulla vittoria del “sì” al referendum anziché sul risultato delle amministrative.
Il garante e co-fondatore del Movimento 5 Stelle, ha rilanciato l’idea originaria di Gianroberto Casaleggio della democrazia senza intermediari, ma il successo della consultazione sul taglio dei parlamentari, peraltro sostenuto da quasi tutte le forze politiche, non è bastato a evitare una sorta di resa dei conti nel Movimento, ormai con percentuali a una sola cifra in quasi tutte le regioni in cui si è votato.
Il Movimento è passato dal 32 per cento, delle politiche del 2018, al 17 delle europee del 2019, a meno del 10 delle amministrative. Un consenso ridotto a meno di un terzo in due anni, con una crisi d’identità e leadership ormai evidente, che rischia di trasformare la creatura di Grillo e Casaleggio, primo partito italiano due anni fa, in una forza subalterna nel paese e nel governo.
Una situazione che esponenti di primo piano come l’ex parlamentare Alessandro Di Battista, ma anche l’ex ministra Barbara Lezzi, non esitano definire disastrosa, e non viene esclusa nemmeno una scissione, viste le divergenze all’interno del partito, anche sullo stesso referendum costituzionale.
A poco sembrano servire gli inviti al dialogo giunti dal presidente della Camera, e possibile futuro leader politico del partito, Roberto Fico: la divisione fra le correnti, uno degli aspetti criticati fino a poco tempo fa dai grillini come esempio della vecchia politica, è sempre più evidente, e la riunione dei gruppi parlamentari convocata per parlare degli stati generali e della riorganizzazione del partito non sarà di facile gestione. Sarebbero già pronti documenti che chiedono di dare al partito una struttura stabile e democratica, ma c’è anche chi chiede di convocare subito gli Stati generali e di affidare la gestione a un direttorio.
Fra i possibili aspiranti alla leadership ci sarebbero Luigi di Maio, che aveva lasciato dopo le europee e che ora punta a un’alleanza con il Pd, lo stesso Fico, che chiede una gestione più collegiale e meno verticistica del Movimento, e lo stesso Di Battista, per ora isolato, che accusa le altre correnti di voler arrivare agli Stati generali con le decisioni già prese. Sullo sfondo rimane lo scontro con Davide Casaleggio, figlio dell’ideatore del Movimento, che controlla la piattaforma Rousseau ma che sarebbe ormai mal tollerato dai parlamentari.
Più che sulle questioni filosofiche o a lunga scadenza, come la sfiducia nella democrazia parlamentare professata da Grillo, i grillini però al momento sembrano concentrati su questioni molto più immediate e concrete: come recuperare un rapporto con il territorio che in realtà non è mai stato organizzato, se e come avviare alleanze con il Pd, che però non hanno mai dato i risultati sperati, e soprattutto come amministrare il taglio del numero dei parlamentari , una creatura del Movimento ma che ora, con percentuali a una cifra, rischia di lasciar fuori dalle stanze dei bottoni molti deputati e senatori, nonostante la rimozione del vincolo dei due mandati.

Alessandro Martegani

Foto: MMC RTV SLO
Foto: MMC RTV SLO