Comunque la si pensi, ha influenzato più di due decenni di storia politica italiana. 20 anni fa moriva ad Hammamet in Tunisia Bettino Craxi, uno dei politici più noti della prima repubblica, senza dubbio quello con maggior carattere, diventato però, assieme al suo Partito socialista, il simbolo di tangentopoli.
Craxi era nato a Milano nel 1934. Il padre, Vittorio, antifascista e perseguitato politico, fu durante l’ultima fase della guerra un punto di riferimento per le famiglie ebree e gli antifascisti che volevano passare un Svizzera. Bettino s’iscrisse al Psi all'età di 17 anni, diventando poi il pupillo di Pietro Nenni, uno dei padri del partito, fino a diventarne segretario nel 1976, carica che conservò fino a 1993.
Fu il primo socialista ad aver guidato il governo in Italia dal 1983 al 1986, uno degli esecutivi più longevi della Repubblica, e di cui si ricordano il nuovo Concordato con la Santa Sede, il controllo dell’inflazione, ma soprattutto l’episodio di Sigonella, quando Craxi mandò i carabinieri a circondare l’aereo con a bordo i sequestratori della nave da crociera italiana Achille Lauro, per impedire alla Delta Force di arrestarli, rischiando perfino lo scontro a fuoco e suscitando le ire del Presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan.
La sua ascesa, favorita anche dal rapporto personale con Silvio Berlusconi, allora non ancora entrato in politica, frenò fine degli anni 90, quando il suo partito cominciò a perdere consensi, ma soprattutto prima le voci e poi le indagini di corruzione di tangentopoli misero in luce un sistema di raccolta di finanziamenti illeciti per alimentare le casse del Psi, oltre che i suoi esponenti.
Craxi respinse le accuse di corruzione personale, ma ammise i finanziamenti illeciti, sfidando i colleghi in uno storico discorso alla Camera, a negare che “buona parte del finanziamento politico sia irregolare o illegale”. La fine della sua parabola politica è considerata la protesta all’Hotel Raphael, dove Craxi venne insultato e bersagliato con monetine dalla folla.
Nel 1993 la Camera diede via libera a due processi nei suoi confronti, e gli venne ritirato il passaporto, ma l’ormai ex leader socialista era già scappato ad Hammamet, protetto dal presidente e amico Ben Alì. Nella località tunisina continuò a occuparsi di politica italiana, ma, malato di diabete, morì, latitante, il 19 gennaio del 2000.
Per ricordare la sua controversa figura in questi mesi sono stati pubblicati libri, articoli e anche un film sull’ultima fase della sua vita. A Milano si parla anche di dedicargli una via, ma lo scontro è tutt’ora in corso, fra coloro che ricordano la modernità del suo pensiero e l’abilità di politico, definendo la sua fuga un esilio, e chi invece sottolinea le condanne di Tangentopoli e la sua decisione di abbandonare l'Italia senza rispettare le leggi dello Stato.
Alessandro Martegani