Kalifa Haftar Foto: EPA
Kalifa Haftar Foto: EPA

La caduta di Gheddafi, conclusasi con la sua uccisione, ha segnato la fine del paese come entità unitaria e, da allora, non sembra mai arrivato il momento della pace. Un errore palese quello compiuto da Europa e Nato nel 2011, a cui soltanto adesso si cerca di dare un'adeguata risposta.

Alla Conferenza, l'Italia e l'Onu, hanno cercato di ricreare le adeguate condizioni per ristabilire la normalità in Libia. Aprendo la conferenza stampa finale, l'inviato Onu per la Libia, Ghassman Salamè ha detto: "La conferenza di Palermo è stata un successo. Voglio ringraziare l'Italia e il suo presidente del Consiglio per averla organizzata. Palermo resta una pietra miliare del processo politico in Libia. C'e' stato un impegno serio da parte dei libici presenti. Mi sento tranquillo".

Il Premier Giuseppe Conte ha spiegato che "lasciamo Palermo portando con noi il sentimento di fiducia per aver dato la possibilità di vedere o meno realizzate le velleità di stabilizzazione della Libia". L'Italia comunque ha il merito di aver portato i leader libici più importanti, su tutti il presidente del Governo di accordo Nazionale, Fayez Al Sarraj e il generale Haftar che controlla la Cirenaica e l'Esercito Nazionale libico ovvero i leader dei due grandi centri di potere, che hanno sede a Tripoli e Tobruk. I due si sono stretti la mano, alla presenza del premier italiano, ma subito dopo il generale Haftar ha lasciato il meeting. "Non parteciperei alla Conferenza nemmeno se dovesse durare cento anni", ha sottolineato. "La mia presenza è limitata agli incontri con i ministri dell'Europa e poi riparto immediatamente", ha sentenziato. Ha addirittura abbandonato la Conferenza e "con profondo disappunto" la Turchia per non essere stata coinvolta nella riunione informale del mattino con al Serraj e Haftar.

Ma nell'intricato puzzle libico non sono certamente le uniche parti che possono incidere sul futuro della Libia. La Conferenza di Palermo ha perlomeno fatto un po di luce, persistono buone possibilità che si compia almeno un primo passo nella road map ONU per le elezioni, da svolgersi nel 2019.