ArcelorMittal non dovrà "porre in essere ulteriori iniziative e condotte in ipotesi pregiudizievoli per la piena operatività e funzionalità degli impianti", e quindi dovrà non spegnere gli altiforni dello stabilimento fino alla decisione del tribunale di Milano.
È l’indicazione espressa nell’atto del tribunale del capoluogo lombardo, che ha fissato per il 27 novembre l’udienza per il procedimento d'urgenza chiesto dai commissari Ilva, per opporsi alla decisione del colosso dell’acciaio di rinunciare all’acquisto dell’impianto di Taranto e degli altri stabilimenti Ilva in Italia.
Alla base della decisione di Arcelor Mittal c’è la revoca da parte dell’Italia dello scudo penale, ma per il governo e i commissari sarebbero in ogni caso stati violati gli accordi da parte della multinazionale, che per rimanere chiede anche garanzie sulla riduzione del personale e vantaggi fiscali.
La Procura di Milano ha aperto anche un fascicolo su eventuali illeciti tributari, antecedenti al fallimento, riguardo il mancato pagamento dei creditori dell'indotto.
In attesa dell’udienza intanto i sindacati si stanno muovendo a tutela delle migliaia di lavoratori che, in particolare a Taranto, rischiano il posto di lavoro: i presidi di fronte alle sedi dell’azienda continuano, e i tre segretari generali di Cgil, Cisl e Uil sono stati convocati al Quirinale dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per affrontare la questione dell'ex Ilva e in generale delle crisi industriali.
Il governo però per ora non sembra avere pronto un piano B: se ArcelorMittal non rivedesse la decisione di lasciare Taranto, ha detto il ministro per gli Affari regionali Francesco Boccia, scatterà "l'amministrazione straordinaria, con un prestito ponte" da parte dello Stato, in modo da riportare l'azienda sul mercato entro un paio d'anni.
Alessandro Martegani