È stato per quasi un anno uno degli uomini più in vista e più potenti del paese, ma l’arrivo di Mario Draghi sembra aver tolto dalla ribalta Domenico Arcuri il commissario straordinario per l’emergenza, una qualifica generica che gli ha permesso di accettare, oltre alla gestione di tutto quanto riguarda la lotta alla pandemia, dalle forniture di mascherine e materiale medico, ai banchi con le rotelle fino ai vaccini, anche incarichi su capitoli aperti ben prima dell’arrivo del Covid in Italia, come l’Ilva.
Uomo di fiducia di Giuseppe Conte, nel giro delle nomine dello Stato da decenni, da qualche settimana non tiene più le consuete conferenze stampa, non interviene più sui giornali, lontano dopo mesi dall’attenzione dei media italiani, incentrati molto di più sulle prime mosse di Mario Draghi e sulla costruzione del Recovery plan.
Che il super commissario non goda del favore di alcune forze entrate nella maggioranza, come Lega e Forza Italia, ma nemmano di Italia Viva, non è un mistero, e l’allontanamento del suo maggior sponsor da Palazzo Chigi sembra aver consigliato ad Arcuri un atteggiamento più prudente: la sua gestione, che ha in effetti ottenuto dei risultati in una situazione di estrema emergenza, è stata però molto discussa in questi lunghi mesi. Fra i casi più criticati l’acquisto di mascherine tramite un incomprensibile uso d’intermediari lautamente retribuiti, alcuni finiti sotto inchiesta: un’indagine in cui la procura ha escluso ogni responsabilità della struttura commissariale e lo stesso Arcuri si dichiara parte lesa, ma che ha pesato sulla sua immagine. Ci sono poi i ritardi sui banchi a rotelle, fino alla farraginosità dell’avvio della campagna vaccinale, dove ogni regione sembra andare per conto suo e lo stesso Arcuri sembra subire senza possibilità di reazione gli annunci delle grandi case farmaceutiche di tagli ai vaccini.
Gli ultimi segnali sembrano confermare una caduta libera delle azioni del commissario: Mario Draghi non lo ha invitato all’incontro dedicato alle forniture di vaccini e sulle nuove misure restrittive e la sua presenza è stata in dubbio anche a quello sulle possibilità di produrre i vaccini in Italia fra Farmindustria e il neo ministro dello sviluppo economico Giancarlo Giorgetti.
Tutti elementi che fanno sembrare sempre più lontana la possibilità che al 30 aprile, data di scadenza del mandato del commissario che coincide con la fine dello stato di emergenza, la sua carica possa essere confermata, anche perché, a fronte degli attacchi che giungono soprattutto da Matteo Salvini e dalla Lega, nessuno sembra difenderlo. Mario Draghi potrebbe decidere nei prossimi giorni se confermare o meno il suo ruolo, da cui dipendono ancora elementi essenziali come la trattativa sugli anticorpi monoclonali e la fondamentale distribuzione dei vaccini, anche questa però molto criticata dalle regioni.
Alessandro Martegani