Il calcio italiano prova a fare i conti con l'antisemitismo e dà il via a un progetto, d'intesa con il governo, per vietare l'uso da parte delle tifoserie di simboli che possano richiamare il nazismo, responsabilizzare i tesserati a tenere un linguaggio non discriminatorio in tutte le manifestazioni pubbliche, e interrompere le partite in caso di episodi di discriminazione. Fra le decisioni anche quella in base alla quale dalla prossima stagione nessun calciatore potrà scendere in campo con la maglia 88. Scelta per nulla casuale: il numero viene utilizzato nei gruppi neonazisti per simbolizzare il saluto Heil Hitler. Nell'estate 2000 il numero 88 fu al centro di un caso esplosivo, protagonista Gigi Buffon, allora al Parma, che scelse la maglia con il numero 88 che scatenò le proteste della comunità ebraica. Nell'ultima stagione in Serie A in 4 hanno giocato con il numero 88 sulla maglia: Pasalić, Basić, Rincon e Praszelik.
Nella dichiarazione di intenti firmata dal Governo e il mondo del calcio, inoltre, si prevedono anche "le modalità con le quali, al verificarsi di cori, atti ed espressioni di stampo antisemita, dovrà essere immediatamente disposta l'interruzione delle competizioni calcistiche". Il presidente della Figc, Gabriele Gravina, ha detto che il calcio deve essere sempre più inclusivo e, allo stesso tempo, uno straordinario veicolo di messaggi positivi.
Dalle parole ai fatti, però, la strada è lunga. L'ultima partita sospesa risale a maggio 2017, quando l'arbitro Claudio Gavillucci decise di interrompere la partita di campionato tra Sampdoria e Napoli per cori che venivano definiti "di discriminazione territoriale", applicando alla lettera le normative. Ma fu la sua penultima partita tra i professionisti, nonostante fosse nel pieno della sua carriera.
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