È la scarsa diffusione a limitare, se non ad annullare, gli effetti dell’app “Immuni”, l’applicazione realizzata dal governo italiano per tracciare i possibili contatti con persone risultati positive al Covid 19.
I dati, diffusi per la prima volta dal Ministero della Salute e pubblicati dal Sole 24 ore, rivelano un sostanziale disinteresse verso l’applicazione sulla penisola.
I download sono stati finora 5 milioni, e mezzo, pari al 9,9 per cento della popolazione e al 14 per cento dei cellulari presenti nel paese. Il tasso di download aumenta al ritmo di 100 mila a settimana. Troppo poco perché l’applicazione dia dei risultati: si calcola che per essere minimante efficace l’app dovrebbe esser installata sui telefoni del 15 per cento della popolazione, e in Italia per giungere a quella quota mancano 3,8 milioni di download, quota che, ammesso che si mantenga questo ritmo, sarà raggiunta fra poco meno di due anni.
In generale il numero maggiore di download è stato registrato nel nord e centro del paese, mentre cala drasticamente al sud: si va dal 15,1 per cento del Trentino Alto Adige, al 5,4 della Sicilia, ma anche in Friuli Venezia Giulia, regione che aveva anche studiato un’applicazione locale per tracciare i contagi, i download non raggiungono il nove per cento.
A determinare questa bassa adesione all’operazione, contribuiscono la poca conoscenza dei mezzi informatici nel paese, la sfiducia sull’uso dei dati forniti, nonostante le rassicurazioni che non ci sarebbe stata una trasmissione dei dati di localizzazione, una generale sottovalutazione dei rischi connessi alla pandemia, ma anche il fatto che le Regioni non hanno codificato una procedura unica da applicare una volta scattata l’allerta, alimentando timori e incertezze.
Alessandro Martegani
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